Tra le grandi economie europee, l’Italia è posizionata all’ultimo posto per investimenti nella scuola: tra le principali cause c’è la denatalità, a cui si aggiunge lo spopolamento, soprattutto del Sud Italia, dove gli studenti sono diminuiti più del doppio rispetto al Centro-Nord. C’è scritto nelRapporto Svimez 2024, dedicato proprio all’Economia e la società del Mezzogiorno, con attenzione particolare alla denatalità agli spostamenti da Sud a Nord e alle conseguenze sul numero degli studenti iscritti a scuola.
Il sindacato Anief ritiene che questi confermano gli errori compiuti negli ultimi decenni sulla scuola: ai bassi investimenti pubblici per l’Istruzione, si è aggiunta una politica di sostanziale indifferenza rispetto ai bisogni e alle esigenze, anche di carattere sociale, come la riduzione del tasso demografico, che avrebbero meritato risposte importante anche sul piano normativo. Il sindacato non si spiega perché chi governa la scuola si riferisca continuamente alla didattica più personalizzata, a partire dagli alunni con bisogni speciali, e poi non si attivi per introdurre un maggiore numero di insegnanti e meno alunni per classe: tagliare gli organici, come è stato deciso con la prossima legge di bilancio non è minimamente coerente rispetto agli intenti.
“In Italia – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – paghiamo un dazio rilevante dovuto ad una sostanziale indifferenza verso la società mutevole. Non abbiamo mai compiuto passi decisivi ad esempio, sul tempo pieno e prolungato a scuola, nelle zone del Sud. Come non sono stati mai introdotti degli organici maggiorati nelle zone del Paese dove i livelli di apprendimento si riducevano e i tassi di dispersione si alzavano: siamo arrivati al punto che l’unico organico aggiuntivo, quello Ata collegato al Pnrr e all’Agenda Sud, introdotto lo scorso anno scolastico, si è dissolto nel nulla e senza alcuna spiegazione”.
“Noi, come sindacato autonomo rappresentativo – continua il presidente nazionale Anief – abbiamo chiesto di recente di riparare alla grave mancanza con l’attivazione dal primo gennaio 2025 di migliaia di contratti Ata per quell’organico aggiuntivo che rimane indispensabile per portare avanti i progetti Pnrr e le attività anti-dispersione: come segnalato anche da dirigenti Scolastici l’attivazione di questi contratti è infatti indispensabile per il funzionamento delle istituzioni scolastiche. Come pure avrebbero effetti certamente positivi le stabilizzazioni di tutti i precari con oltre 36 mesi di servizio svolto, attraverso l’introduzione del doppio canale di reclutamento, ma anche l’assunzione in ruolo dei docenti idonei presenti ii tutte le graduatorie concorsuali per abbattere finalmente quel precariato che è alla base dalla mancata continuità didattica”.
“Certamente – conclude Pacifico – , avrebbero avuto effetti positivi a lungo termine anche provvedimenti come la riduzione del numero di alunni per classe, il ritorno dei docenti in copresenza, a partire dalla scuola primaria, l’inizio della scuola a cinque anni anziché a sei, la nomina di insegnanti aggiuntivi nelle aree a rischio per alta presenza di alunni stranieri e elevati livelli di abbandono della scuola”.
I DATI SVIMEZ
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, raccolti e interpretati da Svimez e riportati dalla stampa specializzata, nell’anno scolastico 2022-23 gli alunni iscritti ai cicli di istruzione non terziaria erano poco più di 7 milioni: di questi, circa quattro milioni e mezzo (il 62,6% del totale) in scuole delle regioni del Centro-Nord, i restanti due milioni e mezzo (37,4%) in scuole del Mezzogiorno. Tra gli anni scolastici 2017/18 e 2022/23 il numero di studenti si è ridotto da oltre sette milioni e mezzo a circa sette milioni (-6%). Negli stessi anni, il Centro-Nord è passato da 4.650.000 a 4.463.000 alunni nel 2022/23 (-4%) mentre il Sud da quasi tre milioni è sceso a 2.670.000 (-9%). La tendenza continuerà anche in futuro: le previsioni nazionali dicono che nel 2035 la popolazione italiana tra i 5 e i 14 anni dovrebbe diminuire del 22%, passando dagli attuali 5,2 milioni a poco più di quattro milioni.
Nello stesso Rapporto Svimez 2024 vengono auspicati interventi immediati e scelte politiche adeguate, altrimenti “gli effetti sulla tenuta del sistema scolastico saranno dirompenti, mettendo a rischio gli istituti scolastici che si trovano nelle aree marginali del Paese. Per la scuola primaria, per esempio, il rischio è concreto per circa 3mila Comuni italiani, il 38% del totale (con quote che oscillano tra il 27% del Nord-Est e il 46% del Mezzogiorno) localizzati nelle aree interne italiane. In questi comuni si contano meno di 125 alunni della primaria, ossia un numero sufficiente solo per una “piccola scuola”.
Per quanto riguarda i docenti, nell’anno scolastico 2022/23, il corpo insegnante di tutti i cicli di istruzione non terziaria si attesta su circa 709mila unità. Il numero degli insegnanti a disposizione presenta differenze territoriali interne: il rapporto è di 11 alunni per docente nel Centro-Nord, mentre nel Mezzogiorno il dato scende a 9. Le regioni con il numero più alto di alunni per docente sono Lombardia (12,6) Emilia-Romagna e Veneto (12,4). Quelle con il rapporto più basso sono Molise (7,5) Basilicata (8,2) e Sicilia (8,5).
Nella scuola l’offerta di servizi come la mensa è cruciale per garantire agli studenti una migliore offerta educativa. Anche in questo caso i dati mostrano un divario territoriale: nella scuola primaria nel Mezzogiorno gli edifici scolastici dotati di mensa sono appena il 26%, contro il 54% del Centro-Nord. La Sicilia è la maglia nera tra le regioni italiane, con appena il 18% degli edifici scolastici dotati di mensa, mentre la regione meglio attrezzata è la Toscana con il 78%.
Anche la percentuale delle palestre, sempre nella scuola primaria, rispetta questo andamento difforme a livello territoriale: 34% nel Mezzogiorno, 46% nel Centro-Nord. Tra le regioni italiane in fondo alla classifica nazionale vi è la Calabria, con appena il 19% di edifici scolastici dotati di palestra. La regione più virtuosa è la Puglia, con il 64% di palestre presenti negli istituti di formazione pubblica.
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