Provvedimento di esclusione dalle gare: continua la confusione sulle competenze

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Sfugge quale sia la spinta che induce non di rado il Legislatore ad agire come se fosse un capoufficio, prendendosi la guida di stabilire regole di mera e bassa operatività. Come nel caso della fissazione della competenza all’adozione del provvedimento di esclusione dalle gare.

Il d.lgs 36/2023 contiene l’improvvida specificazione a mente della quale a disporre l’esclusione dalle gare degli operatori economi è competente il Rup (articolo 7, comma 1, lettera d), dell’Allegato I.2).

Quale che sia l’imperscrutabile ratio che ha indotto gli estensori del codice a disporre in tal senso, ovviamente simile previsione è solo fonte di contenzioso, esattamente come accadeva nel regime del d.lgs 50/2016.

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Trattandosi di organizzazione dei servizi, un estensore saggio avrebbe dovuto lasciare all’esclusiva autonomia organizzativa delle stazioni appaltanti decidere quali tra i soggetti gestori delle varie attività degli appalti potesse adottare il provvedimento di esclusione, dando, semmai, qualche indicazione di massima, prevedendo il radicamento della competenza in capo al dirigente o responsabile di servizio, con possibilità di specifica delega al Rup.

Nel caso delle amministrazioni locali, per altro, l’articolo 107, comma 3, lettera b), del d.lgs 267/2000 è chiarissimo nell’attribuire ai dirigenti (e, in applicazione dell’articolo 109, comma 2, sempre del Tuel, ai responsabili di servizio), “la responsabilità delle procedure d’appalto”, che non può non ricomprendere le decisioni sulle esclusioni, provvedimenti, per altro, dotati della forza di costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche soggettive e, quindi, di specifici effetti “negoziali”, tali da doversi naturalmente ricondurre alla sfera di competenza della dirigenza. Anche nei riguardi della dirigenza non locale, considerando che comunque la gestione delle procedure d’appalto è funzione gestionale, come tale rientrante in generale nelle competenze in astratto rientranti tra quelle dirigenziali.

Tanto più che l’articolo 17, comma 1-bis, la dirigenza può espressamente (e con provvedimenti puntuali e mai generali) delegare proprie competenze ad altri funzionari.

L’infelice scelta degli estensori, invece, espone a vertenza procedure nelle quali l’esclusione sia disposta non dal Rup, bensì dal dirigente.

E’ il caso della sentenza del Tar Toscana, Sezione I, 7.11.2024, n. 1257, occasionata dall’impugnazione del provvedimento di esclusione adottato dal dirigente e non dal Rup.

Il giudice amministrativo, tuttavia, rigetta il ricorso, non condividendo la censura di incompetenza mossa dalla parte ricorrente.

Le motivazioni, però, risultano alquanto arzigogolate. Il Tar ritiene che l’articolo 15, comma 4, del d.lgs 36/2023 “attribuisce all’autonomia organizzativa delle stazioni appaltanti la possibilità di nominare un responsabile di procedimento per la fase di affidamento e un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione, e ciò sull’implicita considerazione della diversità delle competenze professionali richieste nei due gruppi di attività, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento, che devono essere mantenute al responsabile unico di progetto”.

Giusto, ma l’articolo 15, comma 4, va letto insieme con la previsione del citato articolo 7, comma 1, lettera d), dell’Allegato I.2, che, come si nota, limita notevolmente tale assunta autonomia organizzativa.

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E’ da rilevare che la stazione appaltante, nel caso specifico, è la regione Toscana. Per questo il Tar aggiunge: “è significativo che, come rilevato dall’Amministrazione resistente, proprio con riguardo all’articolazione per fasi del procedimento di gara salva l’unicità del centro di responsabilità, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 43/2011, ha stabilito che la disciplina delle modalità organizzative dell’attività del responsabile unico del procedimento rientra nella materia della organizzazione amministrativa, riservata alle Regioni ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost., con la conseguenza che in relazione a detta disciplina non possono venire in rilievo i principi fondamentali desumibili dalla legislazione dello Stato, i quali limitano la potestà legislativa regionale soltanto nelle materie di competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost.”.

Dunque, nel caso delle regioni emergerebbe un’autonomia connessa alla riserva normativa lasciata dall’articolo 117, comma 3, alla potestà legislativa regionale in tema di organizzazione, tale da lasciare le regioni, quindi, non incise dalle previsioni codicistiche, secondo le quali il provvedimento di esclusione sarebbe di competenza del Rup.

In effetti, aggiunge il Tar, la “Regione Toscana, con la delibera della Giunta n. 1258/2023 (seguita dalla legge regionale n. 15/2024), si è mossa entro i limiti della propria autonomia organizzativa, prevedendo che il Settore contratti (e per esso il suo dirigente responsabile) provveda ad approvare l’elenco delle offerte ammesse ed escluse e a trasmettere il provvedimento al RUP, senza con ciò incidere sulle funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del responsabile unico di progetto”.

A ben vedere, la normativa regionale citata è alquanto caotica. Si stabilisce la coincidenza tra figura di Rup e di rc, cioè Dirigente responsabile del contratto. Dunque, la regione dispone che sia Rup un dirigente. Ma, tale dirigente può delegare al Rup, qualora ne individui uno, l’adozione degli atti, purchè “non a rilevanza esterna”.

Ora, se i dirigente responsabile del contratto, che appare essere il dirigente preposto all’unità organizzativa che si attiva per gestire la prestazione ivi dedotta, coincide col Rup, non pare possa sussistere dubbio alcuno che tale dirigente adotti ogni atto connesso alla procedura.

La normativa regionale toscana sembra, tuttavia, escludere in capo al Rup – se diverso dal dirigente – l’adozione di provvedimenti “a rilevanza esterna”, ma meglio dire, aventi contenuto negoziale tale da incidere sulla sfera giuridica dei terzi, prevedendo che, però, l’adozione di tali provvedimenti gli possa essere delegata.

Ma, la normativa regionale in tal modo fraziona in molte parti la gestione unitaria: infatti, se il dirigente deve essere Rup, allora, nella realtà il soggetto incaricato non è un Rup, ma un responsabile di fase, segnatamente della fase di gara, che, nella logica del codice dei contratti, non è altro se non un responsabile di procedimento ai sensi della legge 241/1990; ecco perché la normativa regionale prevede che il dirigente deleghi a tale figura l’adozione del provvedimento di esclusione. Un caos, che per altro ha qualche radice e fondamento.

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Meglio sarebbe riconoscere che il dirigente ha e mantiene comunque, in via espressa nel caso degli enti locali, in via generale per le altre amministrazioni (ferma restando la potestà legislativa regionale), di adottare qualsiasi provvedimento “negoziale”: nel caso degli appalti, l’indicazione che il Rup adotta l’esclusione non dovrebbe essere intesa come divieto che tale medesimo atto sia disposto dal dirigente, non certo nelle regioni che con proprie norme stabiliscano diversamente e comunque non negli enti locali.

A ben vedere, la scelta più saggia sarebbe eliminare la lettera d) dall’articolo 7, comma 1, dell’Allegato I.2 e disporre espressamente la già citata autonomia organizzativa come fonte per consentire ad ogni PA di decidere quale soggetto adotti il provvedimento di esclusione. Provando a chiudere una delle fonti di contenzioso, invece di continuare ad aprirne, come purtroppo è accaduto con tante, troppe norme del codice dei contratti.

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