Francesco Saverio Vetere – Segretario generale Uspi *
La vicenda che vide protagonista Indro Montanelli e il Corriere della Sera rappresenta uno dei capitoli più significativi nella storia del giornalismo italiano. Questa storia, che si dipana tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, riflette non solo le tensioni interne a uno dei quotidiani più prestigiosi d’Italia, ma anche le profonde trasformazioni politiche, sociali e culturali che attraversarono il Paese in quel periodo.
Indro Montanelli, nato nel 1909 e scomparso nel 2001, fu uno dei giornalisti e scrittori più influenti del XX secolo in Italia. Con il suo stile diretto e incisivo, la sua indipendenza intellettuale e il suo profondo senso critico, Montanelli ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama giornalistico italiano. Entrò al Corriere della Sera nel 1938, diventando rapidamente una delle firme più autorevoli del quotidiano milanese. Liberale e anticomunista convinto, mantenne sempre una posizione critica sia verso la destra che verso la sinistra estrema, difendendo con fermezza l’indipendenza di pensiero.
Negli anni Sessanta, il Corriere della Sera era considerato il portavoce della borghesia moderata e del liberalismo conservatore italiano. Sotto la direzione di Giovanni Spadolini, dal 1968 al 1972, il giornale mantenne una linea editoriale moderata, pur aperta al dialogo con le nuove istanze sociali emergenti. Tuttavia, nel 1972, con la nomina di Piero Ottone alla direzione, il Corriere iniziò a vivere una fase di profondo rinnovamento. Ottone, noto per le sue posizioni progressiste, spinse il quotidiano verso un orientamento più vicino alla sinistra, sia nella scelta degli articoli che nella linea editoriale generale.
Questo cambiamento non fu accolto positivamente da tutti. Montanelli si oppose apertamente alla nuova linea editoriale, percepita come un tradimento dei valori storici del Corriere. In particolare, era critico nei confronti del Partito Comunista Italiano (PCI) e temeva che il giornale stesso diventasse troppo indulgente verso le posizioni comuniste. Per Montanelli, l’indipendenza del giornale era fondamentale, e riteneva che il Corriere dovesse mantenere una posizione equilibrata, senza farsi strumento di alcuna fazione politica.
All’interno della redazione si sviluppò così un clima di tensione crescente. Montanelli espresse le sue critiche attraverso articoli e lettere interne, cercando di battere la direzione e di difendere i principi in cui credeva. Tuttavia, i contrasti con Ottone e con la proprietà del giornale, passata nel frattempo sotto il controllo di Angelo Rizzoli nel 1974, divennero sempre più insanabili.
Nel 1973, dopo mesi di scontri e incomprensioni, Montanelli decise di lasciare il Corriere della Sera, preferendo le dimissioni all’accettazione della lettera di licenziamento che Piero Ottone gli aveva portato. La decisione fu dettata dall’impossibilità di conciliare le proprie convinzioni con la linea editoriale del giornale e dalla volontà di mantenere la propria integrità professionale e personale. Fu un gesto coraggioso, che segnò profondamente il panorama giornalistico italiano.
Nel 1974 Montanelli fondò “Il Giornale Nuovo”, che in seguito sarebbe diventato semplicemente “Il Giornale”. L’obiettivo era creare un quotidiano indipendente, capace di rappresentare le idee liberali e di offrire un’alternativa al panorama mediatico dominato dalle ideologie di sinistra e dalla stampa di partito. L’impresa fu resa possibile grazie al sostegno di investitori privati, tra cui imprenditori come Leopoldo Pirelli e, successivamente, Silvio Berlusconi.
Sotto la guida di Montanelli, Il Giornale si affermò rapidamente, diventando un punto di riferimento per una parte significativa del pubblico italiano. Il quotidiano si distinse per l’indipendenza di giudizio e per la volontà di affrontare temi scomodi, mantenendo uno stile giornalistico rigoroso.
Tuttavia, l’ingresso di Berlusconi come finanziatore nel 1977 portò nuove sfide. Montanelli accettò il sostegno a condizione di mantenere l’assoluta indipendenza editoriale, ma negli anni successivi si crearono tensione, soprattutto quando Berlusconi entrò direttamente in politica nel 1994.
Nel 1994, in disaccordo con la linea editoriale filoberlusconiana che Il Giornale stava assumendo, Montanelli lasciò nuovamente il giornale da lui fondato. Decide così di dare vita a un nuovo progetto editoriale, fondando il quotidiano “La Voce”, nel tentativo di mantenere viva l’idea di un giornalismo indipendente e libero da influenze politiche ed economiche.
La vicenda di Montanelli e il Corriere della Sera è emblematica per diversi motivi. Innanzitutto, rappresenta la difesa dell’etica professionale e dell’integrità personale in un contesto di forti pressioni politiche e ideologiche. Montanelli dimostrò che un giornalista può e deve mantenere la propria indipendenza, anche a costo di scelte difficili e impopolari. Inoltre, la storia sottolinea l’importanza della libertà di stampa e dell’indipendenza dei media dai poteri economici e politici, temi ancora oggi di grande attualità.
Per il Corriere della Sera, la perdita di una figura come Montanelli rappresentava un momento di crisi, ma anche di riflessione sulla propria identità e sul ruolo che il giornale voleva assumere nel panorama italiano. Il quotidiano ha proceduto nel suo percorso di rinnovamento, affrontando sfide economiche e di identità negli anni successivi.
La vicenda contribuì anche alla frammentazione del panorama giornalistico italiano, con una maggiore polarizzazione tra testate di orientamento diverso. Emerse con forza la necessità di un’informazione plurale e indipendente, capace di rappresentare le diverse sensibilità presenti nella società italiana.
L’eredità di Indro Montanelli rimane tuttora un punto di riferimento per il giornalismo italiano. La sua passione per la verità, il suo rigore professionale e la sua capacità di andare controcorrente hanno ispirato generazioni di giornalisti. La sua storia ci ricorda l’importanza di un’informazione libera e indipendente, essenziale per il funzionamento di una democrazia sana e vitale.
In conclusione, la vicenda che vide protagonista Montanelli al Corriere della Sera non fu solo una storia di dissidi professionali, ma un esempio emblematico di come l’integrità personale e la difesa dei propri principi possano influenzare profondamente il corso degli eventi. È una lezione sulla responsabilità che ogni giornalista ha nei confronti dei lettori e della società, e sull’importanza di mantenere sempre viva la ricerca della verità. (http://Vetere.it)
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Francesco Saverio Vetere, nato a Cosenza il 26 aprile 1962, vive a Roma.
Avvocato patrocinante in Cassazione.
Dal novembre 1999 è Segretario Generale e Presidente della Giunta Esecutiva dell’USPI Unione Stampa Periodica Italiana, organismo nazionale di maggiore rappresentanza del comparto Editoria e Giornalismo.
Giornalista pubblicista.
Docente di Storia della Stampa Periodica, Università “Sapienza” di Roma.
Docente di Management dell’Editoria Periodica, Università “Sapienza” di Roma.
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