Storie di speranza al pranzo di Natale della Caritas

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Una vigilia di Natale all’insegna della condivisione e del calore umano: la Caritas diocesana di Ravenna ha accolto 150 persone fragili alla mensa dell’Opera di Santa Teresa, offrendo un momento di conforto e speranza.

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Un pranzo di Natale speciale per chi è in difficoltà

Una vigilia di Natale in compagnia, per un momento di conforto e di calore umano e per dimenticare almeno per qualche ora le difficoltà e i problemi della vita. Circa 150 persone fragili e in stato di bisogno hanno partecipato la vigilia di Natale al pranzo organizzato dalla Caritas diocesana all’interno della mensa dell’Opera di Santa Teresa.

Ad accoglierli il personale dell’Opera, il direttore della Caritas don Alain Gonzalez Valdez e l’arcivescovo monsignor Lorenzo Ghizzoni. A servirli una trentina di volontari: alcuni costanti nel loro impegno, altri propostisi per l’occasione. C’è anche un gruppo di giovani calciatori del 2008 e del 2010 della Compagnia dell’Albero, polisportiva ravennate molto attiva nel sociale, guidati dal loro allenatore Alessandro Zauli. “I ragazzi sono stati splendidi per disponibilità ed educazione – ci racconta Zauli a fine pranzo -. La loro presenza qui è stata un piccolo gesto verso persone che hanno poco o nulla e che troppo spesso, in questa foga consumistica, vengono dimenticate”.

Il messaggio dell’arcivescovo: più pace e solidarietà

All’inizio del pranzo, monsignor Ghizzoni saluta i commensali e spiega: “Saluto tutti a nome della nostra Chiesa e della Caritas che nell’arco dell’anno fa tanti servizi, a cominciare da questa mensa, che è frutto di un accordo della Caritas con l’Opera di Santa Teresa. Vi auguro un buon Natale e un buon anno, sperando che nel 2025 ci sia più pace nel mondo e più pace e più armonia tra noi e anche di accoglienza reciproca, disponibilità ad aiutarsi, perchè chi ha senta di più il dovere di aiutare chi non ha“.

“Il Natale per noi cristiani è un momento di condivisione, nel quale proviamo a donare qualcosa di nostro agli altri – sottolinea don Alain -. La Caritas ha voluto organizzare questo pranzo per condividere questo momento e per creare vincoli di comunità: non solo il cibo ma anche stando insieme con queste persone che sono in un momento di difficoltà. Tra queste persone non ci sono solo stranieri ma stanno aumentando anche le persone nate in questa città, perchè la povertà inizia ad essere un fenomeno che tocca anche i ravennati. La Caritas ha una mano tesa verso tutti, senza distinzione”.

Le storie dei commensali: tra dolore e speranza

Girando per i tavoli si scoprono storie di solitudine, dolore, ma si coglie anche la speranza, aspetto questo quantomai al centro dell’attenzione essendo il tema ispiratore del Giubileo. La speranza di poter dare una svolta alla vita. È un abituale frequentatore del servizio docce e guardaroba e della mensa. Non vuole dirci il suo nome ma é arrivato dal Senegal 10 anni fa per cercare un lavoro stabile e un buon futuro qui: “Lavoro – spiega – ma quello che guadagno non mi basta per vivere. E spesso sto per strada. Ma qui a Santa Teresa ho trovato persone disponibili e accoglienti, maturato relazioni e conoscenze, mi aiutano ad andare avanti”.

Ma anche la speranza di Silvanya, una donna bulgara, in Italia da 13 anni. Ha fatto la badante, lavora stagionalmente, non ha una casa, il suo tetto è il dormitorio di San Rocco “e per mangiare vengo qui a Santa Teresa – spiega -. Mi trovo bene: avverto forte il senso di solidarietà e una bella accoglienza e spero con il nuovo anno che arrivino novità positive per me”.

Poi c’è Ivana: è arrivata a Ravenna da Torino per lavoro una trentina d’anni fa ma poi si è vista crollare il mondo addosso: la separazione dal marito, poi la morte del nuovo compagno, la perdita del lavoro e l’impossibilità di avere subito la pensione. “Ma ho trovato tanta solidarietà e aiuto, anche dalle istituzioni – racconta -. Gli assistenti sociali mi hanno dato una mano per entrare in una casa popolare, dove vivo tuttora, ma ho avuto aiuto anche dalla Caritas dove ho incontrato persone che si fanno in quattro per aiutare chi ha bisogno. E per ricambiare in qualche modo tutto questo aiuto faccio volontariato a Legambiente e nella Protezione civile. E’ un modo per sdebitarmi, per dire grazie a una comunità che non mi ha lasciata sola”.



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