Altri 5 giornalisti uccisi a Gaza. Sono 200 gli operatori dell’informazione morti

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Uccisi in un colpo solo 5 giornalisti palestinesi. I reporter si trovavano a bordo di un furgone parcheggiato di fronte all’ospedale Al-Awda, nel campo profughi di Nuseirat al centro della Striscia di Gaza. La scritta “Press” era in grande evidenza, come si vede anche dalle immagini. 

Al-Quds Today è il canale televisivo per cui lavoravano, racconta che stavano svolgendo il loro “dovere giornalistico e umanitario”. L’emittente ha identificato i reporter come Faisal Abu Al-Qumsan, Ayman Al-Jadi, Ibrahim Al-Sheikh Khalil, Fadi Hassouna e Mohammed Al-Ladàa. Fonti palestinesi riferiscono che il veicolo veniva usato per documentare le condizioni all’interno del campo profughi di Nuseirat. Tuttavia, l’Idf ha dichiarato che l’attacco mirava a “un veicolo con una cellula terroristica della Jihad islamica”. Secondo Israele, erano state adottate “numerose misure per mitigare il rischio di danneggiare i civili”. 

“Rivendichiamo l’impegno di proseguire nel nostro messaggio mediatico di resistenza”, ha precisato la testata palestinese.

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Il Sindacato dei giornalisti palestinesi condanna con la massima  fermezza l’atroce massacro commesso oggi dalle forze di occupazione israeliane. “Questo crimine – spiega il sindacato  –  si inserisce nel contesto di una serie di  attacchi israeliani in corso contro i giornalisti palestinesi, prendendo di mira i professionisti dei media in ogni momento e luogo, nel tentativo di oscurare la verità e  stringere il cappio sulla libertà di espressione. Il Sindacato dei giornalisti palestinesi registra che più di 190 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi  dall’inizio dell’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza, il che riflette la  portata degli attacchi sistematici a cui sono esposti i giornalisti palestinesi.

“Questo continuo prendere di mira costituisce un crimine di guerra secondo le convenzioni internazionali e costituisce una flagrante violazione dei  diritti umani e della libertà di stampa“. Il Sindacato dei giornalisti palestinesi, esprimendo la sua forte condanna e denuncia di questo atroce massacro e crimine, “conferma che prendere di mira i giornalisti è una palese violazione delle leggi  internazionali e umanitarie, ed è un crimine di guerra che si aggiunge alla serie di  crimini di occupazione che prendono sistematicamente di mira giornalisti e media. Chiediamo alla comunità internazionale e a tutte le organizzazioni interessate ai  diritti umani di fornire protezione urgente ai giornalisti palestinesi e di adottare  misure concrete per fermare questi crimini contro di loro. Chiediamo inoltre alle  istituzioni mediatiche internazionali di far luce sulla sofferenza dei giornalisti  palestinesi garantire che l’occupazione non rimanga impunita. Il Sindacato dei  giornalisti palestinesi conferma che la stampa palestinese continuerà a svolgere la sua  missione con determinazione e risolutezza, nonostante i continui tentativi  dell’occupazione di fermarla o minacciarla. Affermiamo inoltre che il sangue dei nostri  martiri rimarrà un faro che illumina il cammino verso la libertà e la giustizia, e che  i loro sacrifici non saranno sprecati invano”, conclude la nota.

 

giornalisti morti a Gaza (Al-Quds)

Nel frattempo, le tensioni si sono acuite anche a Gerusalemme, dove il ministro per la Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, ha visitato la Spianata delle Moschee, luogo sacro per l’Islam. “Questa mattina sono salito sul sito per pregare per la pace dei nostri soldati e per una vittoria completa con l’aiuto di Dio”, ha scritto Ben Gvir su X, pubblicando una foto che lo ritrae circondato da poliziotti. 

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Mai così tanti giornalisti morti in una guerra

Al 20 dicembre 2024, le indagini preliminari del Commetee to Protect Journalists (CPJ) hanno evidenziato che almeno 141 giornalisti e operatori dei media rientravano tra le oltre decine di migliaia di persone uccise a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano dall’inizio della guerra, dall’ottobre 2023, rendendo questo il  periodo più mortale per i giornalisti  da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992.

Il CPJ sta indagando su oltre 130 casi aggiuntivi di potenziali uccisioni, arresti e feriti, ma molti sono difficili da documentare in queste dure condizioni.

 

“Da quando è iniziata la guerra a Gaza, i giornalisti hanno pagato il prezzo più alto, la vita, per i loro reportage. Senza protezione, equipaggiamento, presenza internazionale, comunicazioni, cibo e acqua, continuano a svolgere il loro lavoro cruciale per dire al mondo la verità”, ha affermato il direttore del programma CPJ Carlos Martinez de la Serna a New York. “Ogni volta che un giornalista viene ucciso, ferito, arrestato o costretto all’esilio, perdiamo frammenti di verità. I ​​responsabili di queste vittime affrontano un doppio processo: uno secondo il diritto internazionale e un altro sotto lo sguardo spietato della storia”.

I funzionari delle Forze di difesa israeliane (IDF) hanno ripetutamente dichiarato  ai media che l’esercito non prende di mira deliberatamente i giornalisti. Ha anche dichiarato  alle agenzie  poco dopo l’inizio della guerra che non poteva garantire la sicurezza dei giornalisti. 

Le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione  per gli omicidi di giornalisti, affermando in una dichiarazione di febbraio di essere “allarmati dal numero straordinariamente elevato di giornalisti e operatori dei media che sono stati uccisi, attaccati, feriti e detenuti nei Territori palestinesi occupati, in particolare a Gaza, negli ultimi mesi, violando palesemente il diritto internazionale”.

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Anche la comunità dei giornalisti Rai è stata scossa quest’anno da una triste perdita, è morto di infarto a ottobre l’autista Ahmad Akil Hamzeh, storico collaboratore dell’azienda in Libano. L’inviata Rai Lucia Goracci è stata coinvolta in quell’aggressione con Marco Nicois e Kinda Mahaluf. Il Tg3 ha avviato una raccolta fonti per la famiglia di Ahmed. 



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