Cosa c’è e cosa non c’è nel decreto Cultura del ministro Giuli

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Il decreto voluto dal ministro della Cultura ha avuto una coda di polemiche arrivate anche in Consiglio dei ministri

Considerate le premesse, qualunque fosse stato l’esito del provvedimento, le polemiche non sarebbero mancate. Così è stato. Il decreto Cultura fortemente voluto dal ministro Alessandro Giuli, e approvato dal Consiglio dei Ministri prima di Natale, porta con sé una serie di interventi per la promozione e la valorizzazione del settore culturale. Tuttavia, alcune misure sono state tagliate o riviste durante l’iter di approvazione. Ecco un’analisi completa di quanto contenuto e di ciò che è stato escluso dal provvedimento.

COSA C’E’ NEL DECRETO CULTURA

Come emerge anche dal comunicato del Cdm, il Piano Olivetti rappresenta uno dei cardini del decreto, con l’obiettivo di rigenerare culturalmente le periferie e le aree svantaggiate. Tra le sue finalità:

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•Promuovere la cultura come bene comune e strumento di coesione sociale;

•Valorizzare le biblioteche come spazi di educazione civica e intellettuale;

•Sostenere le librerie storiche e di prossimità;

•Proteggere archivi e istituti culturali, custodi della memoria storica nazionale.

Finanziamenti per biblioteche, librerie ed editoria. Sono stati stanziati 44 milioni di euro per rafforzare il settore culturale, così distribuiti:

•4 milioni di euro nel 2024 per incentivare l’apertura di librerie da parte di giovani under 35;

•25 milioni nel 2025 e 5 milioni nel 2026 per l’acquisto di libri per le biblioteche, anche in formato digitale;

•10 milioni di euro per ampliare le pagine culturali dei quotidiani cartacei.

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Spettacoli dal vivo. La norma che semplifica l’organizzazione di eventi all’aperto fino a 2.000 spettatori diventa strutturale. Secondo Assomusica, questa misura garantirà maggiore continuità e semplificazione, favorendo un incremento delle attività culturali sul territorio.

Cinema e audiovisivo. Il decreto introduce una nuova categoria per la classificazione delle opere cinematografiche: “opere non adatte ai minori di 10 anni”.

Cooperazione culturale internazionale. Viene istituita un’unità di missione per promuovere progetti culturali con l’Africa e il Mediterraneo, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri.

Celebrazioni e istituti culturali. Tra le iniziative più rilevanti, il decreto finanzia la celebrazione del 25° anniversario della Convenzione europea sul paesaggio e garantisce il sostegno a istituti storici e di ricerca.

COSA NON C’E’ NEL DECRETO CULTURA

Ales esclusa dall’elenco delle stazioni appaltanti.  Come sottolineato da Repubblica, uno dei punti più dibattuti è stato lo stop alla norma che avrebbe permesso alla società in house Ales, guidata da Fabio Tagliaferri, di diventare una stazione appaltante iscritta nell’elenco dell’Autorità anticorruzione. Lo stop, attribuito al sottosegretario Alfredo Mantovano, sarebbe motivato dalla preoccupazione che la corsia preferenziale concessa ad Ales potesse svantaggiare altre realtà già iscritte, come Invitalia. Inoltre, sarebbero emerse criticità sui requisiti tecnici necessari.

Credito d’imposta per gli spettacoli dal vivo. Non è stata accolta la proposta di Assomusica di introdurre un credito d’imposta per gli organizzatori di spettacoli dal vivo, lasciando insoddisfatto il settore.

Misure per i giovani e il digitale. Non sono state previste iniziative significative per i giovani, oltre agli incentivi per le librerie under 35. Anche il giornalismo digitale resta escluso dai sostegni.

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Progetti ridimensionati. Sempre Repubblica ha evidenziato come, ad esempio, il Piano Olivetti, pur rimanendo una parte centrale del decreto, ha subito diversi tagli: le sei nuove nomine dirigenziali previste inizialmente sono state ridotte a tre, con un risparmio di oltre 3 milioni di euro fino al 2028; è stata eliminata una struttura di missione temporanea, che avrebbe gestito i progetti legati al Piano fino al 2028.

LE TENSIONI INTERNE AL GOVERNO

Il decreto è stato al centro di numerosi contrasti interni al governo.  Come ricostruito dalla giornalista Gabriella Cerami, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso perplessità sui costi di alcune misure, giudicando alcune spese eccessive. Il sottosegretario Mantovano avrebbe criticato l’uso del decreto per interventi considerati non urgenti, come l’istituzione di una nuova sede del museo Maxxi a Messina. Anche la norma su Ales ha generato tensioni. “In un primo momento avallata” dalla stessa premier Giorgia Meloni, si legge su Repubblica, è stata infine accantonata per evitare possibili problemi di costituzionalità e conflitti con le regole di concorrenza.

Nonostante le polemiche, il ministro Giuli ha rivendicato di aver “posto le basi per un nuovo modello culturale, ma il lavoro non si ferma qui. Il settore attende ulteriori interventi che possano rafforzarne la competitività e la capacità di attrarre pubblico e investimenti”.

Leggi anche: Cos’è il ‘modello Caivano’ che il governo vuole esportare



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