borsa, spread, lavoro, i numeri della rimonta

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I poveri sono ancora troppi, ma c’è stata una maggiore capacità e voglia di spesa da parte delle famiglie, nonostante i sondaggi dicano che una parte significativa delle tredicesime sia andata al risparmio.

Questi dati sono confortanti perché l’inflazione, ormai in caduta, ha fatto danni pesanti: unita alla speculazione che storicamente l’accompagna, ha aumentato i prezzi più di quanto non lo siano stati stipendi e pensioni. Eppure, i dati ci dicono che le cose vanno meglio: siamo al massimo storico di occupazione maschile e femminile; al momento dell’insediamento del governo Meloni la Borsa di Milano segnava un indice di 22.700 punti, l’altro ieri era di 33.700 punti. Lo spread rispetto al bund tedesco era di 225 punti, l’altro ieri era di 116. I 58 punti guadagnati nell’ultimo anno portano a un risparmio di 17 miliardi nel prossimo quadriennio. Se aggiungiamo una cifra simile guadagnata l’anno precedente, siamo di fronte a un tesoretto frutto di una accorta politica di bilancio riconosciuta nei palazzi che contano a Bruxelles e Francoforte.

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Va tutto bene? No. Nella manovra di bilancio, per esempio, alla disperata ricerca di soldi è aumentata (di poco) la tassazione su alcuni settori che avrebbero bisogno di stabilità per non allarmare gli investitori stranieri. Lo stesso concordato fiscale non ha dato i risultati sperati perché non si è avuto il coraggio politico (oggi come ieri) di toccare sacche di evasione facili da smascherare. Un esempio per tutti: i taxi. Con i gps lo Stato sarebbe in grado di accertare con grande approssimazione gli incassi quotidiani. E allora perché – dinanzi a una denuncia di15mila annui lordi – non si dice: se non la portate a 18mila (livello ancora indecente) veniamo a farvi le pulci?

Detto questo, è difficile non riconoscere al governo Meloni un bilancio annuale ampiamente positivo. A parte il miracolo diplomatico di aver portato Raffaele Fitto a una vice presidenza esecutiva della Commissione Europea con un portafoglio – diretto o indiretto – di oltre mille miliardi, nessuno si sarebbe aspettato dal presidente del Consiglio un prestigio internazionale che l’ha incoronata nella grande stampa straniera come la Regina d’Europa.

La maggioranza è estremamente solida, grazie anche alla clamorosa sentenza di assoluzione di Matteo Salvini “perché il fatto non sussiste”, cioè non c’è stato alcun sequestro di migranti. Salvini si è rafforzato anche dentro la Lega e ha una tale quantità di miliardi da spendere che non pensa certo a fare stranezze. Come non ci pensa Antonio Tajani che vive un momento di grande visibilità internazionale come ministro degli Esteri. Un’altissima personalità che non posso citare mi ha detto che il governo durerà dieci anni. Diciamo che i cinque sono garantiti. Elly Schlein ha portato il Pd a risultati inattesi, ma il ‘campo largo’ è sempre più fumoso perché Conte, più forte dopo l’eliminazione di Grillo, non ha nessuna voglia di impegnarsi più di tanto. Il governo ha tre anni per affrontare seriamente tre temi che sono la nostra debolezza: competitività /produttività (la chiave per aumentare gli stipendi), la riforma della magistratura, l’alleggerimento della burocrazia. Ci riuscirà? Vedremo…

Un’ultima osservazione. L’opposizione fa benissimo a fare le pulci a ogni mossa del governo. Ma quando parla di “amichettismo” vada a pagina 128 del libro di Paolo Panerai ‘Le mani sull’informazione’. Il 28 marzo 1994 il governo Ciampi dette alla Olivetti- Omnitel (oggi Vodafone) di Carlo De Benedetti l’autorizzazione alla telefonia Gsm. Dividendo il canone per il numero degli abitanti dell’Italia, avrebbe pagato otto dollari per abitante, quando la finanziaria pubblica italiana Stet aveva pagato in Grecia sedici dollari per abitante. Lo scandalo era talmente grosso che in consiglio dei ministri quattro ministri si astennero. Corrado Passera, amministratore delegato di Olivetti, disse a Panerai che la concessione a De Benedetti fu proposta dal ministro del Bilancio, Luigi Spaventa, “molto vicino all’Ingegnere”. Nel libro di Panerai manca un dettaglio: il 28 marzo 1994 finiva la piena operatività del governo Ciampi perché quel giorno Silvio Berlusconi, come era previsto da tempo, vinse le elezioni….





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