è rebus sulle sue condizioni di salute

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Cosa potrebbe mai nascondersi dietro due immagini tanto simili, entrambe potenti eppure distanti anni luce tra loro, nessuno in Vaticano riesce ancora a spiegarselo. L’avvio dell’Anno Santo, la notte di Natale, ha fatto affiorare il giallo delle reali condizioni di salute di Papa Francesco. Da una parte la sua fragilità legata all’età che veniva esposta quasi crudelmente in mondovisione mentre era immobile davanti alla Porta Santa di San Pietro, con il volto gonfio e tirato, quasi incupito, incapace di alzarsi. Sotto i riflettori in quel momento Francesco sembrava quasi sulle spine mentre sussurrava qualcosa al segretario che gli porgeva timidamente il bastone, subito portato via. È rimasto immobile, seduto, bussando alla porta con una certa esitazione. Come se non volesse disturbare troppo. Poi ha varcato la soglia spinto sulla carrozzella da un dignitario ed è stato portato in basilica per la messa. La prima immagine iconica del Giubileo è questa, e fa letteralmente a pugni con la seconda, quella della Porta Santa che Bergoglio ha aperto a Rebibbia ieri mattina quando si è presentato all’appuntamento di ottimo umore, energico, sorridente.

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IL CAMBIO

L’ombrosità che aveva sul volto la notte di Natale aveva lasciato posto all’allegria, come si è potuto notare sin dal primo momento, non appena è sceso dall’utilitaria bianca targata SCV1. Davanti alla Porta Santa del carcere non ha voluto l’aiuto di nessuno, ha chiesto fosse allontanata persino la sedia a rotelle e si è avvicinato al portone di bronzo chiuso. Ha bussato con energia per sette volte e poi è entrato camminando in autonomia, in tutto diciassette passi e senza l’ausilio del bastone, forse inizialmente incedendo con una certa indecisione ma poi sempre più sicuro. I collaboratori naturalmente lo seguivano a distanza, forse un po’ timorosi di quell’azzardo. Infine lo hanno fatto riaccomodare sulla sedia a rotelle portandolo all’altare dove la messa è stata celebrata dal vescovo ausiliare di Roma, don Benoni Ambarus. «Voglio che sia lui ad accompagnarmi».

Sono queste le due diverse immagini del pontefice che resteranno negli annali e se sollevano dubbi sulla sua reale tenuta fisica. Probabilmente al mattino può contare su maggiori riserve di energie, mentre la sera è più esausto al punto da mostrarsi come a san Pietro? La settimana precedente era stato colpito dall’ennesimo raffreddore tanto da essere stato costretto a rinunciare ad affacciarsi alla finestra per l’Angelus domenica scorsa. La preghiera mariana l’aveva recitata a Santa Marta rassicurando i fedeli sul fatto che stava guarendo e si sentiva già meglio. Il prossimo appuntamento pubblico di un certo impegno è il Te Deum di fine anno, seguito dalla messa della Pace a capodanno. Davanti a sé però si dispiega un anno micidiale, denso di appuntamenti che richiederanno grande determinazione. Francesco ha un carattere perseverante, non si risparmia mai, le sue giornate restano dense e l’agenda istituzionale non è stata alleggerita più di tanto. Ieri mattina, dopo aver stretto le mani a 300 detenuti, salutati uno per uno, ha affidato un messaggio a TV2000 («ogni volta che vengo in carcere la prima domanda che mi faccio è perché loro e non io…») mostrandosi alle telecamere in ottima forma mentre tornava in Vaticano per l’Angelus nel corso del quale ha salutato «i fratelli ebrei» mandando un messaggio distensivo rivolto al mondo ebraico per attenuare una crisi enorme che sta scavando solchi. Colpa di una frase del Papa sul timore che a Gaza vi sia un genocidio. A cui si è aggiunto il presepe con Gesù adagiato sulla kefiah palestinese e l’aver continuato a parlare dei presunti «bambini mitragliati a Gaza». Aspetti che sono stati oggetto di critiche pesantissime da parte di rabbini, accademici, politici. Persino Noemi Di Segni è intervenuta: «Il dialogo presuppone l’uso delle parole, attinte ai dizionari di guerre, di storia e di diritto internazionale, con senso di consapevolezza e responsabilità per il loro significato puntuale. Aprendo Porte del Giubileo e mantenendo ben aperte quelle del dialogo e della coerenza».

 

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