Giubileo, domenica l’apertura in Terra Santa

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In vista di questo evento, oggi a Gerusalemme l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa ha diffuso un messaggio rivolto ai fedeli a cui viene proposto il pellegrinaggio a Nazareth (basilica dell’Annunciazione), Betlemme (basilica della Natività) e Gerusalemme (basilica del Santo Sepolcro-Anastasi)

Foto Calvarese/Sir

“La speranza, proprio in questi tempi, è particolarmente necessaria. E la nostra speranza cristiana non va confusa con il desiderio vago di un futuro migliore radicato in una visione ottimistica della vita, ma va compresa come il frutto della passione, morte e risurrezione di Gesù. La speranza che non delude è quella che scaturisce dal sepolcro vuoto, cioè dalla Pasqua di Gesù, dalla sua risurrezione”. Comincia così il messaggio “ai fedeli di Terra Santa” per il Giubileo dell’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts), presieduta dal patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, e diffuso questa mattina nella città santa.

Ritrovare speranza. Nel testo gli ordinari cattolici invitano i fedeli a “ritrovare la speranza” nonostante “il tempo prolungato di prova e di tribolazione” determinato dalle difficoltà dovute “all’incapacità di dare una soluzione politica alla questione palestinese e all’instabilità della regione; alla pandemia e alla guerra che hanno sommato alle difficoltà economiche quelle della convivenza; alla violenza endemica e crescente nella società araba israeliana ma anche palestinese, che produce scoraggiamento in tanti nostri fedeli e la tentazione di lasciare la terra dei loro padri; alle difficoltà dei tanti migranti, sfollati e rifugiati, prigionieri politici e ostaggi di guerra”. Tutte prove che, se viste “da un punto di vista puramente umano” conducono “allo sconforto, a una visione cinica del presente e del futuro, alla perdita stessa della fede e al conseguente abbandono della Chiesa”. Ma è proprio in questo contesto, si legge nel messaggio, che “la parola di Dio e lo stesso anno giubilare ci invitano a ritrovare la speranza”.

Segni di speranza. E “segni di speranza” sono comunque presenti in Terra Santa anche in un periodo storico e in un contesto di vita così difficili. “Il primo e il più importante – ricordano gli ordinari cattolici – è l’anelito alla pace. Nelle nostre comunità provate da endemici conflitti e dalla piaga della guerra tale anelito è profondo”.

“Ed è un segno di speranza il fatto che i fedeli della piccola comunità cristiana di Gaza non si siano fatti contagiare da logiche di odio e di inimicizia ma abbiano coltivato in modo attivo, soprattutto attraverso la preghiera, un cuore misericordioso e aperto alla riconciliazione, sostenuti da una fede che hanno testimoniato al mondo intero”.

E ancora: “È un segno di speranza che, anche in tempi così difficili a livello economico e sociale, tante giovani coppie delle nostre comunità abbiano scelto di formare una famiglia, sposandosi e rimanendo in questa nostra terra”. È un segno di speranza “l’essere riusciti a vivere l’accoglienza verso i migranti, gli sfollati e i rifugiati, in modo tale da mostrare il volto accogliente e premuroso della comunità cristiana che sa superare gli orizzonti del nazionalismo religioso per vivere l’apertura alla cattolicità, cioè all’universalità”. È un segno di speranza anche “la testimonianza di sacerdoti e religiosi che hanno condiviso le sofferenze della gente, rimanendo accanto al proprio popolo”.

La solidarietà del Papa e delle Chiese. Nel messaggio si segnala anche la solidarietà spirituale e materiale della Chiesa universale verso quella della Terra Santa, la vicinanza di Papa Francesco verso tutti i popoli coinvolti nel conflitto e particolarmente verso i cristiani di Terra Santa, il sostegno ricevuto dai “tanti appelli che sia la Santa Sede sia conferenze episcopali e chiese sorelle hanno costantemente elevato per chiedere la cessazione delle guerre e la soluzione pacifica dei conflitti attraverso la negoziazione e gli strumenti della diplomazia”.

Testimoniare speranza. Da qui l’invito ai fedeli a “testimoniare anche molti altri segni di speranza presenti nel nostro contesto ecclesiale e ad avere uno sguardo di fede e a riconoscere questi segni dentro le vostre famiglie e comunità, nei vostri ambienti di vita e attorno a voi”.

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“Fa certamente parte della nostra missione annunciare e offrire speranza a tutti” ma in special modo, ribadiscono gli Ordinari cattolici, “ai più piccoli, ai più fragili e ai più poveri, siano essi giovani che faticano a trovare lavoro, casa e a farsi una famiglia, oppure anziani lasciati soli ed emarginati dalla società, o ancora lavoratori migranti, sfollati e rifugiati che sono alla ricerca di un futuro migliore per sé è per i propri cari: se è donando che si riceve, è vero che sostenendo l’altrui speranza anche la nostra si rafforza”. “Chiediamo al Signore – conclude il messaggio – la capacità di sperare ancora, proprio perché i tempi in cui ci troviamo a vivere esigono un supplemento di speranza per poter essere vissuti nella fedeltà al Signore e nell’amore per i fratelli”.



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