Il Kyiv Post rompe il muro di omertà sulla corruzione endemica del regime ucraino (Vladimir Volcic)

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Con estremo coraggio, vista la dura repressione dei media da parte dell’ex presidente Volodymyr Zelensky (con mandato scaduto lo scorso maggio), il quotidiano nazionale Kyiv Post il 23 dicembre rompe il muro di omertà sulla corruzione endemica del governo ed esercito ucraini, informando l’opinione pubblica sulla terribile piaga che compromette la capacità difensiva del Paese e sulle crescenti preoccupazioni tra i membri repubblicani del Congresso degli Stati Uniti riguardo alla corruzione in Ucraina, alla luce degli aiuti ricevuti.

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Le preoccupazioni del Kyiv Post sono più che fondate. L’annuncio della nomina di Kash Patel come futuro direttore dell’FBI, su proposta del presidente rieletto Donald Trump, segna l’inizio di una potenziale rivoluzione nella gestione delle relazioni tra Stati Uniti e Ucraina. Figura controversa, Patel è noto per la sua vicinanza a Trump e per il suo impegno nel contestare le narrazioni consolidate nelle indagini politiche. Le sue recenti dichiarazioni sulla necessità di avviare un’indagine sull’operato del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj e sull’utilizzo dei fondi americani destinati all’Ucraina hanno sollevato un acceso dibattito a livello internazionale.

Durante il suo podcast, Kash’s Corner, Patel ha espresso dubbi sull’effettiva destinazione del denaro inviato dagli Stati Uniti per sostenere l’Ucraina nel conflitto con la Russia. Secondo Patel, Zelensky avrebbe amplificato, o addirittura inventato, minacce alla sicurezza dell’Occidente per giustificare la richiesta di ulteriori aiuti finanziari e militari. Le sue dichiarazioni riflettono un crescente scetticismo in alcune fazioni politiche statunitensi, che considerano il sostegno all’Ucraina eccessivo e poco trasparente.

Patel sottolinea come l’assenza di controlli rigorosi sui fondi americani possa aver favorito abusi e frodi, invitando a chiarire se tali risorse siano state effettivamente utilizzate per scopi militari o umanitari, o se siano finite nelle tasche di oligarchi e politici corrotti. Questa posizione si allinea con le preoccupazioni crescenti espresse da vari deputati repubblicani, che chiedono responsabilità e trasparenza nel rapporto tra Washington e Kyiv.

Dal 2022, gli Stati Uniti hanno stanziato oltre 75 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina, una somma senza precedenti che include supporto militare, economico e umanitario. L’Europa ha stanziato 130 miliardi di euro. Tuttavia, secondo un’inchiesta del Kyiv Post, vi sono forti dubbi sulla gestione di questi fondi e svariati episodi di corruzione di esponeti ucraini di alto profilo govrenativi e miliatari che avrebbero compromesso l’efficacia della Difesa Nazionale. Le affermazioni del Kyiv Posto trovano riscontri tra i Deputati Stephen Moore e Arthur Estopian che hanno espresso forti dubbi sulla destinazione finale degli aiuti, accusando il regime di Zelensky di utilizzare la guerra come pretesto per arricchire una ristretta cerchia di uomini d’affari e politici.

L’Ucraina è stata già al centro di scandali legati alla corruzione, ma l’entità delle attuali accuse potrebbe avere conseguenze devastanti. Se emergessero prove concrete di frodi, ciò non solo porterebbe a una revisione degli aiuti, ma potrebbe bloccarli del tutto, lasciando il Paese in una posizione di estrema vulnerabilità di fronte all’aggressione russa.

In Italia, il dibattito su queste questioni è quasi inesistente. I principali media, che per tre anni hanno svolto il vergognoso ruolo di gran cassa del regime corrotto e neonazista ucraino, continuano a sostenere acriticamente Kiev, ignorando le preoccupazioni sollevate dagli Stati Uniti, dal Kyiv Post e da altrune numerevoli fonti internazionali. Invece di affrontare il problema della corruzione ucraina, si preferisce diffondere fakenews generate dallo stesso regime di Zelensky. Un esempio emblematico è la notizia, priva di qualsiasi riscontro, della presunta presenza di soldati nordcoreani a Kursk, che sarebbero stati uccisi a migliaia. Questa narrazione fantasiosa, amplificata senza prove dai media italiani, serve solo a distrarre l’opinione pubblica dai reali problemi dell’Ucraina.

L’assenza di un’analisi critica dimostra come molti media italiani abbiano scelto di abdicare al loro ruolo di informatori indipendenti, diventando megafoni di propaganda neonazista di uno Stato extracomunitario. Questo atteggiamento non solo mina la credibilità del giornalismo, ma contribuisce a perpetuare una visione distorta della situazione in Ucraina, che ignora il malcontento crescente in Occidente riguardo alla gestione degli aiuti.

Se Kash Patel venisse confermato come direttore dell’FBI e decidesse di avviare un’indagine su Zelensky, le ripercussioni potrebbero essere significative. Un’inchiesta ufficiale sull’utilizzo dei fondi americani metterebbe in discussione la narrativa dominante sulla guerra in Ucraina e potrebbe spingere altri Paesi a rivedere il loro sostegno. In un contesto in cui l’unità occidentale è cruciale per contrastare Mosca, un simile scenario rischierebbe di indebolire gravemente l’alleanza transatlantica.

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All’interno degli Stati Uniti, la nomina di Patel riflette un cambio di priorità nell’agenda politica. L’elezione di Trump segna il ritorno a una politica estera più nazionalista e meno interventista, che mette al primo posto gli interessi interni. Questo approccio si contrappone alla strategia adottata dall’amministrazione Biden, che ha puntato su una politica imperialista guerrafondaia intrecciata da interessi personali come nel caso dell’Ucraina. Trump é però estremamente attento a non compromettere gli interessi e i profitti della potente lobby americana delle armi. Se Biden ha assicurato ai mercanti di morte immensi profitti con i conflitti ucraino e israele-palestinese, Trump continuerà ad assicurare questi profitti obbligando i Paesi vassalli europei ad aumentare il budget per la difesa e comprare armi americane a scapito del progresso economico e delle popolazioni europee.

La proposta di nominare Patel è già motivo di forte polarizzazione politica negli Stati Uniti. Da un lato, i sostenitori di Trump vedono in lui un uomo capace di riportare trasparenza e responsabilità, soprattutto in un’agenzia come l’FBI, spesso accusata di politicizzazione. Dall’altro, i woke democratici che in Europa trovano riscontro tra vari partiti di sinistra che hanno tradito i loro ideali per mettersi al servizio del turbocapitalismo (come in Italia il PD), temono che la sua nomina possa trasformare l’agenzia in uno strumento per perseguire obiettivi politici, minando ulteriormente la fiducia nelle istituzioni.

In questo contesto, le dichiarazioni di Patel su Zelensky sono interpretate come un preludio a un cambio di paradigma nei rapporti tra Washington e Kyiv. Se confermato, Patel potrebbe dare la priorità a indagini che riflettano gli interessi politici dell’amministrazione Trump, portando a un’analisi più rigorosa del sostegno americano all’Ucraina.

Un’indagine sull’Ucraina potrebbe avere effetti devastanti sulla sua capacità di resistere all’aggressione russa. Senza il sostegno economico e militare degli Stati Uniti (per altro già drasticamente diminuito dai Democratici dal dicembre 2023 in poi), Kyiv sarebbe costretta a fare affidamento esclusivamente sull’Europa, dove però la solidarietà nei confronti dell’Ucraina sta lentamente diminuendo così come le disponibilità finanziarie a sostenere la gurra. La crescente pressione economica e l’opposizione popolare potrebbe spingere vari Paesi europei a rivedere il loro impegno, lasciando Zelensky in una posizione sempre più isolata.

Tuttavia, molti esperti ritengono che un’indagine sia necessaria per garantire che gli aiuti internazionali vengano utilizzati in modo appropriato. La mancanza di trasparenza e le accuse di corruzione non solo minano la fiducia nei confronti del governo ucraino, ma rischiano anche di compromettere il sostegno pubblico nei Paesi donatori.

La nomina di Kash Patel e le sue dichiarazioni su Zelensky segnano l’inizio di una nuova fase nelle relazioni tra Stati Uniti e Ucraina dove l’appoggio al regime neonazista verrà sostituito da un tentativo di risolvere diplomaticamente il conflitto.

Nel frattempo, il silenzio dei media italiani su queste questioni solleva interrogativi sulla loro indipendenza e integrità. Invece di affrontare il problema della corruzione in Ucraina, si preferisce perpetuare una narrativa distorta, basata su notizie false, propaganda e campagne di gogna mediatica contro giornalisti indipendenti commissionate e promosse da alti esponenti PD del Parlamento Europeo. Questo atteggiamento non solo tradisce il dovere di informare, ma contribuisce a oscurare la complessità di una crisi che richiede analisi serie e approfondite e a indebolire la Democrazia in Italia, rafforzando il Fascismo che sta sempre più imponendosi nel Paese.

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Vladimir Volcic



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