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‘Deposito scorie, la realt� � un�altra e prima o poi dovr� essere evidenziata’

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Rodolfo Ridolfi, presidente Comitato per la salvaguardia del territorio di Corchiano e della Tuscia: ‘Prosegue la battaglia’

CIVITA CASTELLANA – Il 25 febbraio 2024 è partita da Corchiano una delle più grandi e unitarie proteste di popolo contro l’ipotesi di creare un deposito unico di scorie nucleari nella provincia di Viterbo abbozzata da Sogin su indirizzo del ministero dell’ambiente. La Tuscia, rispetto a quanto definito nella carta delle aree potenzialmente idonee, sarebbe stata attenzionata per ben 22 aree su 67. Questo significa che circa un terzo della scelta finale di Sogin potrebbe malauguratamente ricadere su una delle nostre città, ricche di storia, natura e a millenaria vocazione agricola. Promotore della manifestazione di febbraio è stato il Biodistretto della via Amerina e delle Forre, a seguire tutte le associazioni, gli enti, i portatori di interessi, i sindaci e rappresentanti regionali e sindacali hanno aderito alla manifestazione ribadendo la contrarietà al progetto. Alla marcia ha preso parte anche il presidente del Comitato per la salvaguardia del Territorio di Corchiano e della Tuscia, Rodolfo Ridolfi, attivista e imprenditore agricolo.

Presidente, a quasi un anno da quella manifestazione, che cosa è cambiato?

Su questo tema si è sviluppata una consapevolezza maggiore rispetto a due anni fa’ da parte di chi vive, lavora e crede in questo Territorio; è cresciuto l’interesse per la sua salvaguardia e si sono compresi i reali rischi che comporterebbe la realizzazione della discarica nucleare. Tutto questo è accaduto grazie ad una capillare rete di relazioni che ormai si è stabilita su tutta la Tuscia, ad una serie di iniziative, volte a raccontare la verità su questo progetto, portate avanti da tecnici e professionisti altamente qualificati. Sono nati nuovi comitati che si sono messi subito al passo con le attività di contrasto al deposito nazionale già avviate e c’è stato un grandissimo sostegno da parte di tutte le istituzioni per far fronte a questa disavventura.

5 gennaio 2021, lei ricorda molto bene questa data, cosa è successo quel giorno?

Quel giorno la befana ci ha portato un regalo ben poco gradito. Abbiamo scoperto i piani di Sogin dopo la divulgazione della Cnapi, la carta delle aree potenzialmente idonee. Subito dopo lo sgomento ci siamo messi a lavoro per comprendere le ragioni di tale scelta e per capire, all’interno delle regole fornite durante la consultazione pubblica, quali potevano essere gli elementi oggettivi che potevano escludere la Tuscia da questa sciagurata selezione.

Per fortuna, interpretando in maniera dettagliata e seria gli stessi criteri utilizzati da Sogin abbiamo trovato una moltitudine di elementi escludenti.

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Quando fu pubblicata la carta nazionale Cnapi avevamo solo 60 giorni di tempo per far sentire le nostre ragioni. Non avevamo ancora costituito sul territorio una solida rete di associazioni, comitati e istituzioni che oggi è ormai permanente. Vedemmo l’avvio della procedura di individuazione del sito utile alla discarica nucleare come una grande scorrettezza e questo fu uno stimolo incredibile per fare bene e seriamente il lavoro che abbiamo svolto.

Le caratteristiche del territorio, ragion per cui sono state individuate talune zone rispetto ad altre, secondo i vostri studi sono conformi con quanto stabilito nella guida tecnica dell’Ispra, elaborata proprio per definire i criteri finali di scelta?

Sogin per arrivare alla definizione delle aree ha condotto studi su banche dati molto vecchie, alcune riportano informazioni di 60 anni fa. I nostri studi, invece, riportano la reale situazione delle aree. Molte volte durante il seminario nazionale abbiamo sentito dire che bisogna creare quel clima di fiducia per poter dialogare e per questo ci siamo domandati perché Sogin, Isin e Mase hanno ignorato le nostre osservazioni e perseverato continuando a portare avanti un programma basato su studi vecchi, superati e non aderenti alla realtà. Come possiamo creare il clima di fiducia se le nostre ragioni vengono ignorate e a volte disprezzate?

Dismettere il nucleare significa smantellare le centrali un tempo attive e stoccare tutti i rifiuti radioattivi in modo da garantire la sicurezza per centinaia di anni. E qui arriviamo al nocciolo della questione… di quanti rifiuti parliamo e di quanto spazio servirebbe per stoccarli?

Parliamo di circa centomila metricubi di rifiuti di cui diciassettemila ad alta attività. Secondo il progetto proposto da Sogin servono 150 ettari per accogliere il deposito di smaltimento dei rifiuti a bassa e molto bassa attività, il deposito temporaneo di lunga durata per le scorie a media e alta attività, per il parco tecnologico annesso e le strutture accessorie. A questa superficie vanno aggiunti altri spazi necessari come vie di comunicazione che ad oggi non esistono. Ci tengo a sottolineare che le aree individuate sono tutte prossime ai centri abitati, sono tutte abitate e coltivate, non sono state affatto scelte aree da riqualificare, come aree industriali dismesse, ma scelte aree di grande pregio sia paesaggistico, che agricolo che archeologico.

Il popolo italiano si è espresso attraverso due referendum dicendo No al nucleare. Per quale motivo, secondo lei, vista la fase cruciale che sta vivendo il paese sull’autonomia energetica e le dichiarazioni possibiliste del ministro all’ambiente Pichetto Fratin, il Governo non pensa di proporre un ennesimo referendum?

A questa domanda non posso rispondere perché non ho elementi e perché la nostra azione si è rivolta esclusivamente al tema Deposito nazionale basando le attività di contrasto su elementi oggettivi sia tecnici, che procedurali che giuridici.

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Cosa possiamo fare tutti noi come cittadini per contribuire alla causa?

Per dare un contributo di valore è necessario essere informati, a tal fine sono stati pubblicati centinaia di articoli, realizzati video, fatte conferenze, convegni e manifestazioni, distribuiti volantini, create chat tematiche e pagine social. Basta essere informati e partecipare alle iniziative promosse dalle istituzioni e dai comitati.

Ad oggi, a che punto siamo con l’iter?

Un mese fa è stata avviata la procedura pubblica di valutazione ambientale strategica sulla carta nazionale delle aree idonee, in questa fase hanno potuto partecipare solo alcuni soggetti indicati dal ministero dell’ambiente. Noi comitati non siamo stati inclusi ma, comunque, seguiamo con massima attenzione questa fase e abbiamo notato molti aspetti singolari come il fatto che la scadenza dei termini per la presentazione delle osservazioni scada a Natale, che non siano stati inclusi i Biodistretti tra i soggetti consultati, che ai numeri di telefono forniti per avere informazioni non risponda mai nessuno, che il parlamento abbia votato una proroga di trenta giorni per la scadenza dei termini e che ancora il ministero non l’abbia recepita, che nei documenti forniti in questa fase si parli di trasparenza quando ancora non siamo riusciti ad ottenere degli atti pubblici nonostante due ricorsi al Tar.  Ma non siamo affatto stupiti, siamo abituati, ormai, a questo atteggiamento e per questo non molliamo.

Il suo augurio per il 2025….

Gli studi che abbiamo condotto restituiscono una fotografia del territorio della Tuscia molto differente da quella fornita da Sogin negli studi fatti per

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individuare le aree. La realtà è un’altra e prima o poi dovrà essere evidenziata e per questo mi auguro che nel 2025 la verità venga svelata per quella che è e che non venga nascosta nelle pieghe di una legge o di una procedura.





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