Da Trento alla Sicilia, più mance per tutti: la manovra è legge

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Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, dalla provincia di Trento alla Calabria, nella manovra non esistono limiti geografici. Una mancetta è ovunque. Il testo definitivo della Legge di Bilancio, approvato ieri al Senato con l’ennesimo voto di fiducia, è una carrellata di pensierini natalizi rivolti a enti vicini al governo o a territori molto cari ai parlamentari della maggioranza.

Certo, ci sono le misure più note, come il bonus bebè (mille euro per ogni nato nel 2025) e quello per gli elettrodomestici, il taglio al cuneo fiscale reso strutturale, l’introduzione (con vari paletti) dell’Ires premiale e il bonus ristrutturazioni al 50 per cento per le prime case. Ma dietro si scorge il resto.

Per Giorgia Meloni la manovra è comunque «un passo in avanti», mentre per la leader del Pd, Elly Schlein, «è senza respiro» perché «scarica tutti i sacrifici sulle spalle di chi fa più fatica». Agli atti resta un provvedimento Frankenstein, che ha creato un ulteriore effetto collaterale: la crescita dei malumori nella stessa maggioranza. Peraltro, appena chiuso un capitolo se n’è aperto un altro.

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Il leader della Lega, Matteo Salvini, continua ad accarezzare il sogno-Viminale. «Il ministro dell’Interno l’ho fatto e, penso, discretamente. L’assoluzione toglie le scuse, soprattutto alla sinistra che diceva “Salvini non può occuparsi di immigrazione perché sotto processo”. Adesso c’è Piantedosi e ha tutta la mia stima. Ne parleremo con Meloni», ha rilanciato, nonostante poche ore prima il sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari, avesse chiuso all’eventualità: «Il rimpasto non è e non sarà sul tavolo». Né ora né mai.

Più mance per tutti

Ma se queste sono voci e ambizioni, la manovra consegna mancette reali per tutti i gusti. Cozzando con gli auspici di austerità del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che aveva parlato di una legge di Bilancio a favore di operai e pescatori.

A Napoli arrivano 6 milioni di euro, attraverso il ministero degli Esteri, per celebrare i 2.500 anni dalla fondazione della città, mentre a Brescia viene destinato un milione di euro per il 2025 e un altro milione totale per il biennio successivo per non meglio specificati «interventi infrastrutturali» (su richiesta del deputato di Azione, Fabrizio Benzoni, con l’avallo della destra).

Non sono gli unici soldi ricavati tra le pieghe delle casse statali. C’è infatti la norma che fa felici i parlamentari valdostani con lo stanziamento di 4 milioni e mezzo di euro, spalmati sul prossimo triennio, per la «valorizzazione degli ambiti montani» in Valle d’Aosta. Un apposito fondo da 750mila euro (tra il 2025 e il 2026) è stato, poi, previsto per garantire un po’ di risorse alla provincia autonoma di Trento. Potranno essere spese su vari capitoli, dalla sicurezza al patrimonio artistico.

Calabria e Sicilia brindano a ripetizione. A Reggio Calabria arrivano 4 milioni di euro in totale per il progetto Campus universitario del Mediterraneo, altri 3,8 milioni sono a disposizioni per alcuni lavori da svolgere nella Vallata del Gallico, nella provincia reggina, più un paio di milioni da distribuire per interventi minori tra Calabria e Sicilia. Alla regione isolana, guidata da Renato Schifani, è garantita poi una facoltà di assunzione semplificata negli enti.

Ma non ci sono solo gli enti locali a ricevere leggi e denari. L’Agenzia della Dogane ha beneficiato di una norma ad hoc, predisposta da Fratelli d’Italia, per l’assunzione di altre 105 unità con procedure concorsuali anche in deroga. L’obiettivo è nobile: il «rafforzamento dell’azione di contrasto alle frodi in settori di rilevante interesse strategico nazionale». Può gioire il direttore dell’Agenzia, Roberto Alesse, che a palazzo Chigi può vantare buoni uffici, da ex socio di Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Meloni.

Altri 6 milioni di euro, invece, sono stati elargiti per il Crea, ente di ricerca agroalimentare, presieduto da Andrea Rocchi, considerato molto vicino al ministro della Salute, Orazio Schillaci. Un pensiero è andato anche ad alcuni commissari straordinari, figura che sarà istituita per il rilancio dei territori di Brindisi e Civitavecchia, prima interessati dalla presenza di una centrale nucleare.

Il commissario riceverà 80mila euro all’anno. Altri 70mila euro sono messi a disposizione per la remunerazione del commissario nazionale brucellosi, Nicola D’Alterio, mentre il commissario per la realizzazione dell’intervento Livorno- Caserma Tuscania, Massimo Sessa, avrà un plafond da 250mila euro per ricorrere a esperti e consulenti.

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Per non farsi mancare niente ci sono altre risorse che fioccano, un po’ la diga di Campolattaro (Benevento), altri per il Gran tour della Magna Grecia, corsa ciclista nuova di zecca ideata per il Mezzogiorno, altri ancora (10 milioni di euro) sono già messi in conto per i Giochi giovanili invernali Dolomiti Valtellina del 2028.

Parlamento senza voce

Il bazar della manovra, quindi, ha ufficialmente chiuso i battenti con l’ultima coda polemica regalata dal leader di Italia viva, Matteo Renzi, durante il suo intervento in aula: «La norma ad personam contro di me è illiberale», ha detto rivolgendosi – tra gli altri – a Giorgetti.

Ed è diventato un must da social lo scontro con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, reo di non aver tenuto il silenzio in aula: «Camerata La Russa, rispetti le opposizioni». Insomma, un po’ di show teatrale nel piatto insipido della manovra, archiviata con l’ennesimo schiaffo al parlamento: palazzo Madama non ha toccato palla sul provvedimento che per definizione è il più importante dell’anno. «Se alla democrazia parlamentare si toglie la legge di Bilancio, la democrazia parlamentare non c’è più», ha sottolineato il capogruppo del Pd al Senato. Francesco Boccia.

Addirittura, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha ammesso che qualcosa non è andata per il verso giusto: «È vero che gli emendamenti del governo sono arrivati il 13 dicembre», salvo poi rivendicare: «Abbiamo fatto un po’ meglio degli altri governi». Resta da immaginare cosa possa intendere per fare peggio.

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