Una volta finita la partita della legge di bilancio, alla ripresa dei lavori parlamentari il primo voto politicamente rilevante sarà l’8 gennaio nell’aula di Montecitorio quello sulle pregiudiziali delle opposizioni contro la riforma della giustizia, con la separazione delle carriere dei magistrati, ma dopo – tra Milleproroghe, decreto Caivano bis e nuovo decreto Pnrr – occhio alla vera battaglia d’inverno che sarà quella sul decimo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina. E altro che condivisione politica e istituzionale che pure su altri terreni è più facilmente sperabile. Su questo campo della politica estera si andranno a scontrare, tra assalti e tentativi di cessate il fuoco, non solo le coalizioni ma dentro la maggioranza e le opposizioni e anche dentro i partiti (nel Pd, per esempio) diverse linee. Con un asse giallo-verde (rieccolo!) in cui M5S e Lega, in attesa dell’arrivo del generale Trump, caro a entrambi i partiti, minacciano sfracelli pacifisti e scarso, o nullo, appoggio a Kiev.
Si giocherà insomma a tutto campo quando il decreto per i nuovi armamenti al governo Zelensky, approvato in consiglio dei ministri, verrà calendarizzato in aula. E molto sarà condizionante sui comportamenti parlamentari il sentimento popolare molto forte di stanchezza e di noia, e verrebbe da dire di rigetto (ancora la guerra? ma basta! ce la siamo dimenticata noi cittadini semplici perché non ci tocca da vicino né nelle spese energetiche né nei consumi né nell’inflazione? se la dimentichino pure i politici!), che viene registrato in un sondaggio importante di un istituto internazionale molto serio: YouGov.eu. Il report dice che tutti i cittadini europei sono stanchissimi della guerra, ma gli italiani lo sono più di tutti. Il 39 per cento dei nostri connazionali vorrebbe ridurre il sostegno all’Ucraina. E pensare che proprio l’Italia è l’ultima nella classifica delle nazioni che inviano più aiuti a Kiev. Ciò non toglie che, secondo queste stime, ci siamo stancati di farlo. E se appena il 15 per cento crede che l’Ucraina vada sostenuta fino a quando i russi non verranno sconfitti, la maggioranza degli italiani (con cifre superiori a quelle di Spagna, Germania, Francia, Inghilterra e di tutti gli altri Paesi europei e occidentali) si dice favorevole a una pace subito in quel conflitto e a firmarla alle condizioni dettate da Putin.
IL RIGETTO
Ecco allora che la stanchezza o il rigetto dell’opinione pubblica italiana armerà la battaglia di Salvini in aula. La Lega vuole preparare un ordine del giorno in cui si dirà che il decimo pacchetto di aiuti militari dovrà essere l’ultimo, perché i prossimi i lumbard non li voteranno. Ma come mai potrà accettare Meloni, e far votare un testo così, che metterebbe l’Italia in tendenza opposta a quanto faranno i nostri partner? Già sono partiti gli ambasciatori di FdI presso i colleghi leghisti per dire loro: evitiamo forzature, non creiamo spaccature. Tra i meloniani oltre all’imbarazzo circola anche un po’ di rabbia verso «il solito Salvini» che «minaccia sull’Ucraina per incassare qualcosa su qualche altra materia». Di fatto, è cominciata la trattativa di pace nel centrodestra e il capogruppo meloniano Bignami è convinto: «Si troverà una quadra». Mentre dall’altra parte, il Pd dà per scontato che Conte voterà contro i nuovi aiuti. Anzi, farà di questo tema Ucraina il primo grande banco di prova della sua strategia dello smarcamento da Schlein e del resto la bandiera pacifista, nella ricostruzione dell’identità dura e pura dei post-grillini, si presta a perfezione.
La sinistra, rispetto alla destra, ha uno svantaggio. Se FdI e Forza Italia sono compatti, dietro Meloni e Tajani, nella posizione filo Kiev – al momento ancora vigente, e dopo l’insediamento di Trump chissà – tra i dem specialmente l’ala cattolico-sociale, e più vicina al mondo arcobaleno, potrebbe riservare qualche sorpresa. Si temono smarcamenti insomma nel voto in aula. Anche se in fondo a Elly – dicono quelli che la conoscono bene – questa frattura non dispiacerà più di tanto: un po’ perché è pacifista doc anche lei e un po’ perché nella varietà delle posizioni il Pd finisce per piacere sia a chi non vuole piegarsi a Putin sia a chi è stanco della guerra come gran parte degli italiani.
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