Manovra al traguardo, cosa c’è e cosa manca: micro aumenti delle pensioni, stretta sulle detrazioni, tasse che salgono, bonus che restano, tetto alle spese delle onlus, rimborsi ai ministri

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La conferma degli effetti del taglio del cuneo con un meccanismo differente e l’Irpef a tre aliquote che diventano strutturali assorbono 17 sui 30 miliardi messi in campo dalla terza legge di Bilancio del governo Meloni. Che è arrivata sabato 28 dicembre al varo definitivo con il sì del Senato tra le polemiche per la ormai usuale mortificazione di uno dei due rami del Parlamento (ridotto a votare un testo su cui non ha avuto voce in capitolo) e con tanto di dimissioni del relatore di maggioranza per lo stesso motivo. Nel corso dell’esame alla Camera sono passate diverse modifiche, dai dietrofront sull’allargamento della platea di imprese che paga la web tax e sull’ingresso di revisori del Mef nelle società che ricevono significativi contributi pubblici all’aumento dei fondi destinati al Ponte sullo Stretto. Senza dimenticare le usuali mance a pioggia e il discusso aumento di stipendio per i ministri e sottosegretari non parlamentari, travestito da mega rimborso per le trasferte dei membri del governo che non vivono nella Capitale. Le novità potenzialmente di maggior interesse per i cittadini, come il nuovo canale di pensionamento anticipato che fa leva sulla previdenza integrativa, sono di portata molto modesta e dunque senza effetti significativi sui saldi. Confindustria incassa un taglio dell’Ires, di cui però godranno solo 18mila imprese. La tassa sulle plusvalenze da criptovalute nel 2025 resta al 26% (contro il 44% previsto dalla prima versione del ddl di Bilancio) ma la cancellazione della soglia di esenzione di 2mila euro farà sì che a pagarla siano molti più contribuenti. E il canone Rai torna a 90 euro l’anno, contro i 70 del 2024. Le opposizioni lamentano, tra il resto, gli scarsi fondi per la sanità e l’assenza di misure per contrastare la crisi dell’industria.

Il nuovo cuneo (con beffa) e le aliquote – La nuova versione del taglio del cuneo, ereditato dai governi precedenti e piatto forte anche di questa manovra, prevede per i dipendenti con reddito fino a 20mila euro il riconoscimento di un bonus, per quelli tra 20 e 40mila una detrazione con décalage. La platea dei beneficiari si allarga da 13 milioni a oltre 14 milioni, perché ora il beneficio riguarda solo chi ha stipendi fino a 35mila euro lordi annui. L’altra faccia della medaglia, calcola l’Ufficio parlamentare di bilancio, è che con il nuovo meccanismo 800mila lavoratori con redditi già molto bassi si ritroveranno in tasca un netto inferiore a quello che percepiscono oggi. Stando a simulazioni effettuate di Cgil e Consorzio Nazionale Caaf – Cgil, chi guadagna dai 15.500 euro ai 16.500 euro lordi all’anno subirà una perdita fino a oltre mille euro annui. Un altro effetto collaterale non voluto fa sì che per la fascia di reddito tra i 32mila e i 40mila euro si crei un’aliquota marginale pari al 56% che andrà a colpire qualsiasi aumento di stipendio o il pagamento di straordinari. Per l’Irpef c’è invece la stabilizzazione delle aliquote su tre scaglioni: 23% fino a 28mila euro, 35% fino a 50mila euro e 43% oltre i 50mila euro.

Le altre misure fiscali – Cambiano le detrazioni: arriva una stretta per chi ha redditi oltre i 75mila euro, meno severa nel caso in famiglia ci siano uno o più figli. Le spese sanitarie, i mutui e le spese per il recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici restano fuori dal riordino. Per le imprese arriva l’Ires premiale: l’aliquota dell’imposta sarà ridotta di 4 punti. Ma vale solo per un anno e solo a condizione che si accantoni almeno l’80% degli utili del 2024, se ne reinvesta in azienda almeno il 30% (e non meno del 24% degli utili del 2023) e si assumano nuovi lavoratori a tempo indeterminato. Sale da 30 a 35mila euro il tetto di reddito da lavoro dipendente che consente di accedere alla flat tax per la parte di lavoro autonomo. La web tax continuerà a valere solo per le grandi aziende con ricavi globali sopra i 750 milioni. Viene eliminata solo l’altra soglia, relativa ai ricavi minimi da realizzare in Italia. La tassa sui guadagni da compravendita di criptovalute resta al 26% ma salirà al 33% dal 2026 e nel frattempo viene cancellata l’esenzione sotto i 2mila euro, col risultato che il gettito – stando alla relazione tecnica – salirà di almeno 27 milioni già il prossimo anno. Aumenta dello 0,5% l’aliquota dell’imposta unica su scommesse sportive a quota fissa (su rete fisica e a distanza) e sui giochi di abilità a distanza e del 2,5% l’aliquota sulle scommesse virtuali (simulazioni di eventi al computer). Da aprile 2025 le tasse d’imbarco salgono di 50 centesimi per i voli extra Ue che partono da aeroporti con più di 10 milioni di passeggeri l’anno.

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Finanziamenti e contributi

 

Poco per la sanità – Per finanziare la sanità arrivano 1,3 miliardi aggiuntivi che portano il fondo sanitario a 136,5 miliardi nel 2025: come ogni anno si tratta ovviamente, in valori assoluti, di un record, ma tutti gli addetti ai lavori hanno fatto notare che la cifra è del tutto insufficiente a fronte della necessità di un piano di assunzioni che consenta al sistema di stare in piedi. Tanto più che una quota delle risorse è accantonata in vista dei rinnovi contrattuali 2028-2030. Per ora per il personale arriva solo un aumento delle indennità di Pronto soccorso e di quelle per medici e infermieri. Solo per questi ultimi, a patto che lavorino nel servizio sanitario nazionale, arriva poi una flat tax del 5% sugli straordinari. Attraverso un emendamento riformulato del Pd viene creato un fondo da 10 milioni di euro per il sostegno psicologico nelle scuole.

Per la famiglia il vecchio bonus berlusconiano e più congedi – L’obiettivo dichiarato di incentivare la natalità si sostanzia in un “bonus nuove nascite” da 1000 euro per ogni nuovo nato in nuclei con Isee sotto 40mila euro, quasi identico all’una tantum voluta da Silvio Berlusconi nel 2005. Soluzione solo parziale per il noto problema dellassegno unico per i figli che innalza l’Isee facendo perdere alle famiglie altri benefici: la misura che ha sostituito assegni familiari e detrazioni per i figli a carico sarà esclusa dal computo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, ma solo “per la determinazione del bonus asilo nido” mentre continuerà a fare cumulo con gli altri redditi quando si tratterà di ottenere bonus sociale luce e gas, bonus trasporti, Card dedicata a te (che viene rifinanziata con 500 milioni di euro). I congedi parentali all’80% potranno essere richiesti per tre mesi invece degli attuali due. Arriva il fondo ‘Dote famiglia’ per le attività extra-scolastiche dei giovani da 6 a 14 anni in nuclei con Isee fino a 15mila euro. Alle famiglie con Isee fino a 15.000 euro sarà garantito un parziale ristoro delle spese per lo sport dei figli a valere su un nuovo Fondo Dote Famiglia, finanziato però con soli 30 milioni di euro.

Rivisti i parametri per l’assegno di inclusione e il Sfl – Mentre la povertà assoluta aumenta, il governo riconosce in parte gli errori fatti nel disegnare l’assegno di inclusione e il supporto per la formazione e il lavoro riservato ai teoricamente “occupabili”: vengono innalzate le soglie Isee da rispettare per averne diritto. La relazione tecnica prevede un aumento dei nuclei beneficiari dell’AdI da 660 a 747mila, ma la spesa annua rimarrà a quota 5,6 miliardi contro i quasi 8 andati nel 2022 a finanziare il reddito di cittadinanza. Il Supporto sale poi da 350 a 500 euro e dovrebbero riceverlo, secondo il Mef, poco più di 110mila persone contro gli 85.600 beneficiari stimati senza modifiche. Da notare che la previsione iniziale del governo parlava di 284mila percettori.

Gli sgravi e la polpetta avvelenata del welfare aziendale – Le aziende ottengono una proroga di tre anni della maggiorazione del costo ammesso in deduzione per le nuove assunzioni (20%, elevato al 30% per giovani e donne). Idem per la detassazione dei premi di produttività (dal 10% al 5%), mentre il tetto dei fringe benefit detassati sale a mille per tutti e 2mila per chi ha figli. Sembrano buone notizie, non lo sono se si considera che la trasformazione in welfare aziendale di quel che altrimenti sarebbe versato in busta paga riguarda solo una piccola fetta di lavoratori i quali pagheranno in differita l’apparente regalo ricevendo una pensione più bassa. Confermata anche la decontribuzione per le mamme lavoratrici con reddito fino a 40mila euro, che spetterà anche alle autonome a patto che non abbiano optato per il regime forfettario e che abbiano due o più figli. Saranno poi detassati fino a un limite di 5mila euro i rimborsi concessi dai datori di lavoro ai dipendenti assunti a tempo indeterminato nel 2025 (e con redditi fino a 35mila euro) per aiutarli a pagare l’affitto. Sale dal 25 al 30% il limite di detassazione delle mance che i camerieri ricevono dai clienti.

Micro aumenti per le pensioni. Anticipo per pochi – Le promesse di Forza Italia sull’aumento a 1000 euro delle pensioni minime restano tali: gli assegni più bassi saranno rivalutati solo di 1,9 euro al mese, da 614,77 euro a 616,67. Per chi aspira a lasciare il lavoro poche novità. Vengono prorogate le misure di flessibilità in uscita Quota 103, Ape sociale e Opzione donna, tutte però nella forma depotenziata in vigore già quest’anno: la pensiona a 62 anni d’età e 41 di contributi sarà calcolata con il contributivo e per un valore lordo mensile massimo non superiore a quattro volte il minimo (oltre che con attese di sette mesi prima di ricevere il primo assegno). Per poter accedere all’Ape sociale occorrerà aver compiuto 63 anni e 5 mesi. Opzione donna resterà limitata a caregiver, disoccupate e invalide al 75%, con sconti per chi ha figli. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e dunque è pienamente nel contributivo potrà anticipare la pensione a 64 anni raggiungendo l’assegno minimo (1.600 euro) grazie al cumulo tra previdenza obbligatoria e complementare, ma serviranno almeno 25 anni di contributi che dal 2030 saliranno a 30. E in contemporanea dallo stesso anno occorrerà aver diritto a un assegno di almeno 1.710 euro. Una chimera per chi ha avuto impieghi precari, magari con molti mesi di buco tra un contratto e l’altro, e dunque difficilmente ha potuto alimentare con continuità il fondo complementare.
Sa di beffa, per gli stessi motivi, anche la possibilità di versare un 2% in più di contributi – assottigliando così lo stipendio – per garantirsi in futuro una pensione più alta.
Gli statali infine otterranno la pensione di vecchiaia solo a 67 anni, dai 65 attuali, e potranno (volontariamente) restare in servizio fino a 70.

Cosa resta dei bonus casa – Dopo lo stop al Superbonus, il bonus ristrutturazioni e l’ecobonus saranno al 50% per le prime case e al 36% per le altre, con un limite di spesa immutato a 96mila euro. Stesso schema anche per il sismabonus, senza tetto di spesa. Resta il bonus del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici per case che vengono ristrutturate, fino a un massimo di 5mila euro di spesa. Sono rinnovate fino al 2027 le agevolazioni sui mutui per l’acquisto della prima casa per gli under 36 con Isee fino a 40mila euro e le giovani coppie o single con figli minori. Durante la discussione alla Camera è stato poi inserito un contributo di 100 euro (200 se l’Isee famigliare è sotto i 25mila euro) per l’acquisto di elettrodomestici di elevata efficienza energetica con contestuale smaltimento di quelli vecchi.

Fondi per grandi opere e trasporti – Un emendamento della Lega ha gonfiato di un paio di miliardi i finanziamenti per il Ponte sullo Stretto, di uno quelli per la Tav, di un altro le risorse per le opere Pnrr delle Ferrovie. Il tutto pescando 1,5 miliardi dal Fondo di sviluppo e coesione già depauperato con una mossa simile alla fine dello scorso anno e riducendo i fondi a disposizione di Province, Città metropolitane e regioni per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade. Le concessioni elettriche vengono prorogate per un periodo fino a 20 anni: le eventuali maggiori entrate andranno “prioritariamente alla riduzione dei costi energetici”, cioè le bollette, ma è una partita di giro.

Poco per il terzo settore – Il terzo settore lamenta il mancato aumento del tetto al 5×1000, l’assenza di un rifinanziamento del Fondo per il contrasto alla povertà educativa e la riduzione delle detrazioni che colpisce anche le donazioni al sociale. In più l’universo del non profit contesta la limitazione delle spese imposta agli enti che ricevono contributi pubblici “significativi”. Saltato l’obbligo di far entrare nei loro collegi sindacali revisori del Mef, in compenso le associazioni e aziende beneficiarie di corposi aiuti non potranno infatti spendere per beni e servizi un importo superiore “al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi 2021, 2022 e 2023”.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Cosa c’è per spingere gli investimenti – Sale da 1,6 miliardi a 2,2 miliardi il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali fatti da imprese con sede nella Zona economica speciale (Zes) del Mezzogiorno, creata nel 2024, che comprende tutte le Regioni del Sud e le Isole. Per tentare di rianimare Transizione 5.0, incentivo alla digitalizzazione degli impianti che consenta anche di aumentare il risparmio energetico rimasto al palo causa eccesso di complicazioni burocratiche, in manovra sono state inserite alcune modifiche, dall’aumento delle agevolazioni per chi investe fino a 10 milioni all’aumento della maggiorazione per chi installa pannelli fotovoltaici per l’autoconsumo.

Le coperture: anticipi di liquidità, meno detrazioni, tagli delle spese – La principale fonte di copertura consiste nell’utilizzo dell‘intero fondo per la delega fiscale e di quello per l’abbattimento della pressione fiscale. Segue un taglio da oltre 5 miliardi: il definanziamento di Decontribuzione Sud, l’esonero contributivo del 30% introdotto durante la pandemia per i datori di lavoro con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (e che Giorgia Meloni aveva detto di voler rinnovare). Altri 3,5 arriveranno da quello che il governo aveva descritto come un contributo straordinario da banche e assicurazioni e che in realtà si configura per gli istituti di credito come una sospensione per il 2025 e 2026 delle deduzioni fiscali di cui godono per effetto delle imposte differite attive (Dta): un mero anticipo di liquidità, che verrà meno negli anni successivi. Le assicurazioni dal canto loro dovranno pagare annualmente invece che alla scadenza le imposte di bollo sulle polizze del ramo terzo e quinto, cioè quelle che sono di fatto prodotti di investimento e non polizze vita vere e proprie. Anche qui, non si tratta di un reale aggravio. C’è poi un “differimento” della deduzione riconosciuta alle imprese quando assegnano ai manager pacchetti di stock option: potranno utilizzarla solo al momento dell’effettiva assegnazione della partecipazione.

La riorganizzazione delle detrazioni porterà poi risparmi per un miliardo. Passando al capitolo dei tagli di spesa, i ministeri si vedono ridurre le dotazioni di competenza e di cassa di 2,6 miliardi l’anno e nel complesso dovranno garantire una riduzione e razionalizzazione della spesa pari a 5,2 miliardi nel 2025, 4 miliardi nel 2026 e 3,5 miliardi nel 2027. Per gli enti locali arriva una stangata da oltre 4 miliardi nel triennio (570 milioni già l’anno prossimo di cui 140 a carico di Comuni e province). Sempre in nome della spending review, i compensi dei vertici degli enti e organismi pubblici che saranno individuati con un dpcm da adottare entro l’estate non potranno superare il 50% del trattamento economico complessivo annuo lordo che spetta al primo presidente della Corte di cassazione: 120mila euro l’anno. E si risparmia (quasi 400 milioni) pure limitando il turnover nella pubblica amministrazione, che scende al 75%: esclusi in extremis solo enti locali, Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco e ricercatori.

Pubblica amministrazione e stipendi dei politici – Il divieto di ricevere compensi da entità straniere extra Ue, la cosiddetta norma anti-Renzi, varrà anche per i membri del governo. Alcuni dei quali avranno in compenso quello che nei fatti è un aumento. Dopo la polemica sulla proposta di rivedere notevolmente al rialzo i loro stipendi, i ministri e sottosegretari che non siano parlamentari e non risultino residenti a Roma si vedranno infatti rimborsare le spese di trasferta da e per il domicilio o la residenza. Per consentirlo arriva uno stanziamento ad hoc di 500mila euro.



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