Quali sono le regioni indipendentiste che rivendicano l’autonomia nell’UE? Non c’è solo la Catalogna

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In Unione Europea ancor oggi esistono numerose spinte secessioniste o indipendentiste all’interno di alcuni Paesi: uno degli esempi più famosi è senza dubbio quello della Catalogna, che nel 2017 è diventato di nuovo un fronte caldo in seguito agli scontri e all’arresto di alcuni alti dirigenti dei partiti indipendentisti catalani. Nel Regno Unito, la Scozia e l’Irlanda del Nord, sopra tutti, mantengono spinte indipendentiste nei confronti della Corona inglese e anche in Italia esistono regioni, come il Veneto o la Sardegna, che hanno visto emergere partiti politici che rivendicano l’indipendenza dal governo centrale italiano.

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La Catalogna: i partiti indipendentisti

La Catalogna è una delle più note regioni europee che vuole raggiungere l’indipendenza dal governo centrale di Madrid. Nel 2017 fu indetto un referendum, promosso dai principali partiti indipendentisti per votare l’indipendenza della regione. Considerato illegale dallo Stato spagnolo, causò diversi scontri con le forze dell’ordine e i militari, in particolare nella città di Barcellona. Quella della Catalogna è una questione che trova le sue radici già nel XIV secolo, con la Costituzione della Generalitat de Catalunya, ma è in particolare alla fine del 1800 che le rivendicazioni di indipendenza culturale, sociale e politica andarono delineandosi e diedero vita al cosiddetto catalanismo.

La Estelada, bandiera simbolo del movimento indipendentista catalano.

Durante la dittatura di Francisco Franco, alla Catalogna fu tolta qualsiasi autonomia, in seguito all’appoggio dato alle forze repubblicane durante la guerra civile. Con la morte di Franco nel 1975 e l’inizio della transiciòn (transizione) – il periodo in cui la Spagna si trasformò dal regime dittatoriale in uno Stato di diritto, sociale e democratico – nel 1978 fu approvata la Costituzione spagnola che, sottoposta a referendum popolare, vide proprio in Catalogna una maggioranza superiore al 90%.  Attualmente le spinte indipendentiste in Catalogna sono ancora molto numerose, nonostante l’attuale governo spagnolo di Pedro Sànchez abbia cercato un’intesa e l’appoggio dei partiti indipendentisti catalani nella propria maggioranza di governo.

I Paesi Baschi

Sempre all’interno della Spagna, l’indipendentismo basco è uno dei più noti, in particolare per le vicende legate al movimento ETA (Euskadi Ta Askatasuna il cui significato è “Paese Basco e Libertà”), il gruppo armato che nel XX secolo fu protagonista della causa indipendentista, anche con attacchi armati che causarono tra gli anni ‘60 e ‘90 più di 800 vittime. I Paesi baschi si sono da sempre considerati un’entità a sé, per differenze culturali e anche linguistiche: la lingua basca è considerata una delle più antiche d’Europa e la sua origine è ancora oggi oggetto di studio. Il partito nazionalista basco nacque nel 1895, mentre l’ETA iniziò a farsi strada nel 1958. Attualmente, nei Paesi Baschi, i partiti nazionalisti costituiscono ancora la maggioranza nel governo regionale: proprio nelle ultime elezioni, ad aprile 2024, il partito nazionalista basco ha vinto con il 32,5% dei voti, insieme a una coalizione di partiti politici vicini alla causa indipendentista.

Simbolo dell’ETA, organizzazione armata, da molti definita terroristica, a favore del nazionalismo e indipendentismo basco

La Corsica e l’indipendenza dalla Francia

Un’isola con alle spalle quasi 50 anni di rivendicazioni è la Corsica. Dopo la dominazione genovese, durata dalla fine del 1200 alla fine del ‘700 la Corsica fu annessa alla Francia: l’Italia la concesse con il Trattato di Versailles del 1768. Così come i Paesi baschi e la Catalogna, anche la Corsica possiede una propria lingua, il corso, che può essere insegnato facoltativamente nelle scuole dell’isola. Mentre in precedenza faceva parte della regione Costa Azzurra-Provenza-Corsica, nel 1970 diventò regione a se stante e nel 1982 fu creata l’Assemblea regionale con un proprio Statuto.

La lotta per una maggiore autonomia se non addirittura indipendenza dal governo francese ha trovato il suo apice con la creazione nel 1976 del Fronte di Liberazione Nazionale Corso. Questo movimento, spesso autore di violenze, si è formalmente sciolto nel 1983, ma ancora oggi rivendica un “nazionalismo corso”. Attualmente, anche alle ultime elezioni, il movimento autonomista è maggioritario, con il 56% della presenza nell’Assemblea regionale. Il Presidente francese Emmanuel Macron si è detto aperto a un maggiore riconoscimento dell’autonomia della Corsica, con adattamento delle leggi nazionali alle esigenze locali e l’istituzione ufficiale di un’istruzione pubblica bilingue.

Risultati del referendum del 2003 per una maggiore autonomia della Corsica: il 49,02% votò SI ed il 20,98% si pronunciò a favore del NO.

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Scozia e Irlanda del Nord

Nel Regno Unito le spinte indipendentiste riguardano principalmente l’Irlanda del Nord e la Scozia. Già all’epoca della Guerra di indipendenza dell’Irlanda contro il Regno Unito del 1919-1921, Belfast voleva l’indipendenza, condizione che in particolare dopo la Brexit nel 2017 è tornata all’ordine del giorno. In Irlanda del Nord la maggioranza dei cittadini si era pronunciata contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il partito indipendentista irlandese, il Sinn Fein, di stampo socialista democratico è nato nel 1905 ed è presente sia nella Repubblica d’Irlanda che in Irlanda del Nord. Ha preso parte nel 1998 al Belfast Agreement, famoso anche con il nome di Accordo del Venerdì Santo, con cui si stabilirono lo status e il sistema di governo dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito, il rapporto tra Repubblica d’Irlanda e il Regno Unito e tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda. Nelle ultime elezioni del 30 novembre scorso il Sinn Féin ha raggiunto circa il 20% delle preferenze, ottenendo 39 seggi in Parlamento.

Per quanto riguarda la Scozia, nel 2014 fu indetto un referendum, d’accordo con il governo centrale di Londra, in cui il 55% degli scozzesi si era pronunciato contro l’uscita dal Regno Unito. Pochi anni dopo, nel 2017, la maggioranza della popolazione scozzese con il 62% delle preferenze votò contro la Brexit a differenza del resto del Paese. Da allora, quella dell’indipendenza è una questione ancora aperta in Scozia: tra le motivazioni dominanti, oltre a quella identitaria, c’è anche quella economica e politica, in particolare per il controllo delle sue risorse naturali, come i giacimenti petroliferi nel Mare del Nord, e anche riguardo le conseguenze economiche dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Molti analisti politici sostengono che nelle elezioni scozzesi del 2026 il tema dell’indipendenza potrebbe tornare alla ribalta, chiedendo anche una ri-adesione all’Unione Europea.

Gli indipendentismi in Italia

Per quanto riguarda l’Italia sono numerose le regioni che hanno visto la nascita di partiti che richiedono maggiore autonomia se non – in alcuni casi – l’indipendenza. 

Mappa delle regioni italiane che hanno al proprio interno dei movimenti indipendentisti.

Un esempio è quello della Lombardia, che con la nascita del partito Lega Nord nel 1996 chiese l’indipendenza della Padania, regione geografica che comprende una “Padania superiore” (piemontese), una “Padania inferiore” (lombardo-veneta) e una emiliana. La richiesta di indipendenza non ebbe seguito, ma ancora oggi le rivendicazioni continuano ad essere portate avanti da una parte del partito Lega.

Anche il Veneto ha rivendicazioni di indipendenza: nel 2014 fu approvato dal Consiglio regionale veneto un referendum consultivo sull’indipendenza che fu però dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale. Nel 2017 è stato indetto un secondo referendum dove veniva richiesta una maggiore autonomia in settori specifici come istruzione, beni culturali, ambiente. I partiti più famosi per la causa dell’indipendentismo veneto sono la Liga Veneta Repubblica e la Lega.

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La Sardegna  vive al proprio interno spinte autonomiste e indipendentiste, forse anche per la particolarità dell’isola, sotto il dominio spagnolo per quasi quattro secoli. L’indipendentismu sardu promuove l’autodeterminazione della Sardegna come terra e popolo : fu proprio tra gli anni ‘60 e ‘70, in concomitanza con il processo di decolonizzazione, che iniziarono a nascere nell’isola spinte e movimenti separatisti. Attualmente le spinte autonomiste della regione sono portate avanti dal Partito Sardo d’Azione, nato nel 1921, la cui componente progressista e socialista è confluita nel partito dei Rossomori. Si aggiungono a questi i partiti Indipendentzia Repubrica de Sardigna, ProgRes (Progetto Repubblica di Sardegna) e A Innàntis.

L’Alto Adige è un altro territorio italiano che ha al suo interno forti spinte secessioniste. Il Sud Tirolo infatti vorrebbe staccarsi dall’Italia. Il partito Süd Tiroler Freiheit (STF) vorrebbe l’annessione all’Austria e nelle ultime elezioni amministrative di ottobre 2023 ha raddoppiato i suoi seggi. La peculiarità dell’Alto Adige deriva anche dai tre gruppi principali presenti al proprio interno: la minoranza italiana, quella tedesca e quella ladina.





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