Il generale Figliuolo si racconta: «Il lucano quando lavora non parla»

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ROMA – Lucano, 63 anni, nato e cresciuto a Potenza, ha frequentato il liceo classico imparando le lezioni di vita di Quinto Orazio Flacco a cui la scuola era intitolata. «Ricordati di serbare animo sereno nelle avversità», scriveva il poeta di Venosa. E così ha fatto, Francesco Paolo Figliuolo, generale di corpo d’armata, quando di lui si era parlato come possibile capo di Stato maggiore dell’Esercito, ma poi in quel ruolo era stato nominato Carmine Masiello. E poi quando era arrivato il bis e aveva dovuto incassare anche la nomina di Luciano Portolano a capo di Stato maggiore della Difesa, incarico per cui – pure – circolava il nome di Figliuolo. «I fulmini colpiscono i monti più alti», avrebbe detto Orazio… Accademia di Modena, la scelta della montagna pensando alla sua Basilicata e la penna bianca simbolo di disciplina e onore, responsabilità e leadership. Una carriera dedicata a coltivare il senso dello Stato e alla famiglia, faro luminoso a indicare la via. Il generale Figliuolo giovedì ha salutato i suoi militari al Covi, Comando di vertice interforze, dopo tre anni di lavoro, e ha ricevuto dalle parole del ministro della Difesa Guido Crosetto la conferma che attendeva: sarà chiamato ancora a servire l’Italia come numero due dell’Aise l’Agenzia di informazione e sicurezza esterna.

Un curriculum brillantissimo e prestigioso quello del generale Figliuolo plasticamente rappresentato dal lungo mosaico di mostrine sulla sua uniforme grigioverde. Tra il 1999 e 2000 dirige l’unità di missione in Kosovo a Goraždevac. Nel 2004-2005 guida il contingente italiano in Afghanistan. Dal 2014 è capo delle forze Nato in Kosovo con il grado di generale di divisione. Nel 2018 assume l’incarico di comandante logistico dell’Esercito. La pandemia gli cambia la vita. Il primo marzo 2021 diventa commissario straordinario e pianifica la più importante delle battaglie mai combattute: la campagna vaccinale per combattere il Covid. Il 26 dicembre 2021 viene promosso al vertice del Comando operativo interforze. E il 27 giugno 2023 arriva anche l’incarico di commissario per la ricostruzione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Sempre in prima linea, sempre alla testa dei suoi uomini, ma mai una sbavatura oltre la cornice istituzionale. Testa bassa e pedalare, come nell’esortazione del generale Cascino che affrontava le battaglie alla testa dei suoi battaglioni: «Siate la valanga che sale».

Nel suo discorso di commiato la terra di Basilicata è centrale. Il pensiero ai genitori nella casa di Potenza e la citazione di Sinisgalli.

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«Da lucano, proveniente da una terra che è stata storicamente segnata da sacrifici e privazioni, ma anche di resilienza, ritengo l’umiltà una grandissima qualità. Mi piace ricordare, a tal proposito, Leonardo Sinisgalli, ingegnere, poeta e intellettuale lucano, archetipo dell’uomo legato alle proprie radici pur essendo proiettato verso l’innovazione e la modernità. Egli ritrae così i miei conterranei: “Il lucano quando cammina preferisce togliersi le scarpe, andare a piedi nudi. Quando lavora non parla, non canta. Non si capisce dove abbia attinto tanta pazienza, tanta sopportazione”».

Il riferimento è ai giovani.

«Coltivate una sana ambizione, ponetevi obiettivi elevati, ma ricordate al tempo stesso di essere umili e di essere prima di tutto al servizio delle Istituzioni, la cui bontà dipende dalla bontà degli uomini che le animano e le guidano. Tenete sempre i piedi piantati per terra, saldamente ancorati alle vostre radici valorizzando l’inestimabile genio italico che ci contraddistingue. Il nostro mestiere non è quello di compiacere i nostri superiori. Dobbiamo avere il coraggio delle nostre azioni e delle nostre idee, senza paura di sbagliare, perché è dalla lezione appresa dall’errore stesso che scaturisce il preludio del successo. Dobbiamo avere sempre in mente che nella vita professionale ciò che più conta è la consapevolezza di avere portato a termine il nostro lavoro facendo del proprio meglio, contando sulle nostre forze e sulle sinergie che si ottengono quando si fa squadra».

«Gli ultimi 3 anni sono stati per me incredibili e hanno rappresentato il coronamento di un percorso che da giovane e inesperto Tenente di artiglieria da montagna mi ha portato a essere il responsabile delle missioni e delle operazioni che oggi vedono sul terreno quasi 14 mila uomini e donne di tutte e 4 le Forze Armate, impegnati in 25 Paesi del mondo, in 39 diversi contingenti».

Poi il richiamo alla famiglia. «Le emozioni che provo oggi sono rafforzate dalla consapevolezza che in questo cammino, intrapreso oltre 4 decenni orsono, non sono mai stato solo, ma ho potuto contare sull’affetto delle persone a me più care: su mia moglie Enza, sui miei figli Salvatore e Federico, sui miei amatissimi genitori, sui collaboratori sinceri e leali e su amici fidati, insieme ai maestri che ho avuto che mi hanno sostenuto nelle varie tappe della mia vita e nelle tante sfide che ho affrontato».



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