a destra ministri senza pazienza, non c’è pace per i portavoce

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Avanti un altro. La ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone, deve rimettere mano alla sua comunicazione dopo appena nove mesi. Marco Ventura ha rassegnato le dimissioni dagli incarichi di capo ufficio stampa e portavoce, che aveva assunto lo scorso marzo, dopo essere subentrato a Ignazio Marino, che aveva salutato il ministero. Si racconta fosse estenuato.

Del resto è storia nota: la comunicazione nel governo Meloni logora chi la fa. Tanto la destra è attenta alla propaganda, tanto chi ci lavora alla fine preferisce volare verso altri lidi.

Altrimenti non si spiega il “rimpasto” perenne di responsabili della comunicazione e capi ufficio stampa. Dalla Pubblica amministrazione alla Cultura, dall’Agricoltura alla Giustizia, è un turbinio di sostituzioni, difficile da seguire anche per chi – come i giornalisti politici – ha bisogno di interlocutori.

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La tempistica del divorzio tra Ventura e Calderone, meno di un anno dal contratto sottoscritto, ha alimentato le voci di una scarsa intesa e «dissidi tra i due e con gli altri componenti dello staff», secondo la versione fornita da alcune fonti del ministero. L’indiscrezione sui possibili malintesi viene smentita da altre fonti vicine ai due interessati, che parlano di una scelta professionale del portavoce: voleva tornare a fare il giornalista, valutando un rapporto di collaborazione esterna con il dicastero.

La certezza è il ritorno di Ventura al Messaggero, il suo quotidiano da vari anni. Nel ruolo di reggente c’è ora Elena Pasquini, coordinatrice della comunicazione fin dall’insediamento di Calderone, che ha già incrociato alla fondazione dei consulenti del lavoro. Non si esclude possa diventare il riferimento effettivo al ministero. Ma, stando alle indiscrezioni, dovrebbe essere affiancata da un’altra figura pari grado.

Pa ligure

Il prossimo avvicendamento è atteso invece al ministero della Pubblica amministrazione di Paolo Zangrillo. Alessandro Galavotti, che finora sommava i due incarichi di portavoce e capo ufficio stampa, ha già preparato gli scatoloni.

Tra qualche giorno, dall’inizio di gennaio, tornerà all’Ansa (dove era in aspettativa). A due anni dall’insediamento ha deciso di tornare a casa. Al suo posto è pronto a sbarcare a Roma Giampiero Timossi, giornalista ligure, ex direttore di Telenord, una delle emittenti più importanti in Liguria, poi passato a Primocanale, altra realtà molto importante nella regione.

Tra Zangrillo e Timossi c’è un solido rapporto fiduciario. Il cronista ha un lungo curriculum nell’ambito sportivo. È stato, tra le altre cose, capo della comunicazione del Genoa calcio dove ha sostenuto la candidatura di Alberto Zangrillo, fratello del ministro, alla presidenza. Ed è stato giornalista sportivo per varie testate, tra cui la Gazzetta dello Sport. Ora il salto nella capitale per occuparsi di Pa.

A palazzo Chigi, poi, il neo ministro del Pnrr e degli Affari europei, Tommaso Foti, ha portato con sé Alessandra Angeletti, che lo ha seguito negli anni da capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dopo qualche precedente esperienze tra palazzo Madama e Montecitorio. A differenza di Raffaele Fitto, per sua natura defilato e recalcitrante alle interviste, e per questo che si appoggiava per lo più alla struttura della presidenza del Consiglio, Foti ha un altro approccio e necessita di un ufficio stampa tutto suo.

Cultura tesa

Se la sostituzione in capo al Pnrr era scontata, visto il cambiamento nella compagine ministeriale, aria decisamente più tesa è quella che tira al Collegio romano, sede del ministero della Cultura. Fin dal primo momento, il ministro Alessandro Giuli aveva pensato a importanti cambiamenti. Includendo i rapporti con la stampa, materia che il ministro – da ex vicedirettore del Foglio ed ex editorialista di Libero – conosce bene.

Al momento è già operativo Piero Tatafiore, finora capo della comunicazione della società di lobbying Utopia e direttore del sito di informazione, Watcher post, edito da Urania Media, lo spin off editoriale della stessa Utopia. Giuli, da direttore del MAXXI, aveva già usufruito dei servizi di comunicazione della società, instaurando evidentemente un buon feeling con chi l’ha guidata. Così ha voluto Tatafiore al suo fianco, profilo navigato, che vanta esperienze all’interno delle istituzioni, tra Camera e Senato, ma anche in realtà aziendali private.

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L’approdo di Tatafiore al Mic, però, non è indolore e richiede uno spostamento dell’attuale capo ufficio stampa, Andrea Petrella, che aveva assunto l’incarico con l’insediamento di Gennaro Sangiuliano.

A Petrella è stato proposto di agire da vice di Tatafiore con funzioni di filtro con la stampa. A lui la scelta di restare o meno. Certo è che, tra malumori incrociati, al Collegio romano il neo-capo della comunicazione non sta trovando i tappeti rossi srotolati. Chi invece si è ufficialmente insediato al ministero della Giustizia è Francesco Specchia, già firma di Libero e volto mediatico del giornalismo di destra.

Carlo Nordio lo ha scelto al posto di Raffaella Calandra, a via Arenula già con Marta Cartabia, durante il governo Draghi, e da qualche mese tornata alla casa-madre del Sole 24 Ore. «Chissà quanto durerà Specchia…», sostengono i rumors più maligni. Dicerie da verificare con il tempo. Per Specchia è sicuramente un cambiamento notevole nella sua carriera, per chi era abituato alle luci delle telecamere. Adesso ha poca visibilità e tanto lavoro da svolgere dietro le quinte.

Da Fazzo a Lollo

Vista il flusso di avvicendamenti, la nomina di Gennaro Borriello al ministero dell’Agricoltura, come portavoce di Francesco Lollobrigida, sembra già “invecchiata”. Eppure è andata in porto appena mesi fa. La sostituzione è stata necessaria dopo la vicenda che ha travolto Paolo Signorelli per lo scambio di messaggi con l’ex capo ultrà della Lazio, Fabrizio Piscitelli, noto con il soprannome di Diabolik.

Borriello non ha il pedigree da uomo della fiamma, viste le pregresse esperienze in Publitalia e Cassa depositi e prestiti, e poi come capo della comunicazione del commissario a Caivano, Fabio Ciciliano. Ma il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari lo ha apprezzato giorno dopo giorno come interlocutore per decidere le ospitate in radio e tv degli esponenti di FdI.

Borriello è stato considerato profilo ideale da spedire al Masaf per garantire a Lollobrigida una strategia a prova di scivolone. «Un commissariamento che parte dalla comunicazione», è il ragionamento in voga nel governo e tra i detrattori del ministro in Fratelli d’Italia.

Istruzione

Ma l’anno era già iniziato con un valzer di portavoce, come quello al ministero dell’Istruzione. Giuseppe Valditara, ha scelto di affidarsi in toto a Francesco Albertario. Dopo il commiato di Giovanni Sallusti, era arrivata ad aprile la cronista politica di Quotidiano nazionale, Claudia Marin. In poche settimane ha deciso di tornare sui propri passi. Valditara non si è messo più alla ricerca di nuovi professionisti, scegliendo Albertario – già con lui come responsabile ufficio stampa – nella doppia funzione. E sta resistendo con un ministro tutt’altro che facile da gestire mediaticamente, come testimonia il caso delle richieste di risarcimento danni a Nicola Lagioia e Giulio Cavalli.

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La girandola potrebbe pure proseguire. Di tanto in tanto torna l’ipotesi di un portavoce personale per Giorgia Meloni. Al momento è considerato soddisfacente lo schema con Fabrizio Alfano come capo ufficio stampa e Fazzolari nei panni del regista. Perciò le idee di un cambiamento vengono sussurrate, ma non sono mai state tradotte in pratica.

Resta un dato concreto: se i primi anni sono stati complicati per i comunicatori, basti pensare al passaggio lampo di Mario Sechi come capo ufficio stampa della premier, gli ultimi sei mesi del 2024 sono stati da incubo. Un po’ per necessità professionali dei singoli, ma talvolta anche per fatica e malintesi a lavorare con i ministri in carica.

Il paradosso vuole che la ministra Elisabetta Alberti Casellati, a lungo definita come una “mangia-portavoce”, ha trovato una stabilità affidandosi a Francesco Condoluci. Bizzarrie dell’epoca meloniana.

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