Mentre sul terreno si combatte un’importante battaglia di resistenza, sul tavolo diplomatico siriano si svolgono trattative delicate. Ankara ufficializza e rafforza il percorso di revisionismo e di legittimazione del governo di transizione a livello internazionale, attraverso la diplomazia e i servizi giornalistici. Contemporaneamente, a nord, le unità di difesa popolare Ypg/Ypj e le Forze democratiche siriane (Sdf) lottano contro le bande jihadiste.
Il ministro degli esteri turco Hakan Fidan, ex capo dei servizi segreti, ha visitato ieri la capitale siriana per incontrare Al Julani/al-Shara, leader di Hay’at Tahrir Al Sham. La visita è avvenuta pochi giorni dopo un incontro tra una delegazione statunitense e Al Julani, che ha portato alla rimozione della taglia da dieci milioni di dollari posta su di lui da Washingto. Alla vigilia della visita damascena, Fidan aveva affermato che definire ancora Tahrir Al Sham un’organizzazione terroristica era problematico.
L’INCONTRO ha affrontato due temi principali. Il primo: il ritorno dei cittadini siriani attualmente rifugiati all’estero. Secondo Fidan, è necessario che le autorità internazionali investano e aiutino la Siria nella ricostruzione, favorendo così il rientro dei siriani. Fidan ha ribadito la disponibilità di Ankara a offrire supporto in questo processo.
Il secondo: il confederalismo democratico in Rojava. «Non c’è spazio per Pkk/Ypg in Siria. È una forza occupante che ruba i beni del popolo siriano. Per evitare altro sangue, le Ypg devono sciogliersi», ha dichiarato Fidan, in linea con Al Julani. Ankara chiede lo scioglimento dell’Amministrazione della Siria del nord est e il rifiuto di ogni autonomia.
Il governo di transizione a Damasco e altre forze condividono: «Distinguiamo tra popolo curdo e Sdf, ma rifiutiamo ogni pretesa indipendentista», ha detto Ebu Kasra, ministro della difesa. «La Siria deve interrompere ogni rapporto con il Pkk», ha specificato Hadi el-Bahra, presidente della Coalizione nazionale siriana. «Il PKK deve lasciare la Siria», ha detto Muhammed Ismail, leader del Partito Democratico del Kurdistan-Siria (Pdk-S).
Non mancano però i tentativi internazionali per impedire che Ankara realizzi i suoi obiettivi. I senatori statunitensi Lindsey Graham e Chris Van Hollen hanno proposto sanzioni contro Ankara in caso di mancato rispetto della tregua o della creazione di una zona demilitarizzata in Rojava. L’ex presidente francese François Hollande ha dichiarato: «Non è accettabile un attacco contro i curdi. Sono stati nostri alleati contro l’Isis».
Anche António Guterres, segretario generale dell’Onu, ha espresso preoccupazione: «È possibile uno scontro armato tra Turchia e Ypg; è in corso un dialogo tra Ankara e Qatar su questo tema». La ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha infine raccomandato di evitare «scontri con i curdi, che peggiorerebbero la situazione nella regione».
SECONDO FONTI locali, nelle aree di Qisle, attorno alla diga di Tisrin, e nelle zone di Ebû Qelqel e Tel Tamir, nel nord e nord-est della Siria, sono in corso scontri tra le Sdf e le bande jihadiste affiliate all’Esercito nazionale siriano, sostenuto direttamente da Ankara. A Manbij, occupata dai jihadisti, è partita la controffensiva del consiglio militare locale.
Contemporaneamente il comandante generale delle Sdf, Mazlum Abdi, rilascia dichiarazioni a favore di una soluzione politica, tra cui – ha scritto pochi giorni fa – «l’istituzione di una zona demilitarizzata a Kobane, con il ridispiegamento delle forze di sicurezza sotto la supervisione e la presenza degli Stati uniti».
تأكيداً على التزامنا الثابت بتحقيق وقف شامل لإطلاق النار في كافة أنحاء سوريا، نعلن عن استعدادنا لتقديم مقترح إنشاء منطقة منزوعة السلاح في مدينة كوباني، مع إعادة توزيع القوات الأمنية تحت إشراف وتواجد أميركي.
تهدف هذه المبادرة إلى معالجة المخاوف الأمنية التركية وضمان استقرار…— Mazloum Abdî مظلوم عبدي (@MazloumAbdi) December 17, 2024
In Turchia, nel frattempo, prosegue un presidio al confine siriano, nella cittadina di Suruç, per sostenere la resistenza contro le bande jihadiste e attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulla situazione.
In Turchia, una delegazione del Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia (Dem) ha di nuovo chiesto di incontrare Abdullah Öcalan, fondatore del Pkk, in isolamento da oltre venticinque anni e condannato all’ergastolo. Lo scorso ottobre, Devlet Bahçeli, leader del Mhp e alleato del presidente Erdogan, aveva invitato Öcalan a chiedere lo scioglimento del Pkk. In attesa di questo incontro, Ankara continua la sua battaglia per smantellare il confederalismo democratico, sfruttando «l’apertura verso Öcalan» in cerca di credibilità e consenso.
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