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di Andrea FagioliUna marea umana, oltre mezzo milione di manifestanti (450 mila per la Questura, almeno 700 mila secondo una parte degli organizzatori, per altri addirittura un milione, tre per metro quadro stando ai vigili urbani), tutti in marcia contro la guerra attraverso una Firenze ingrigita dal freddo pomeriggio di novembre, ma colorata dalla miriade di giovani e meno giovani incolonnati dalla Fortezza da Basso al Campo di Marte. E quando la testa del corteo, partita con due ore e mezzo di anticipo sulla tabella di marcia, raggiunge lo spiazzo all’esterno dell’«Artemio Franchi», un gruppo di manifestanti deve ancora scendere dal treno in arrivo da Lecce alla Stazione di Santa Maria Novella.

Il lungo serpentone attraversa i viali e i lungarni per oltre sei ore, mentre la città, all’inizio con il fiato sospeso, prende lentamente confidenza con il variegato mondo dei cosiddetti no global. Ma mentre sui viali e sui lungarni non sono pochi i fiorentini affacciati alle finestre pronti ad offrire una tazza di tè o un bicchiere di vino agli infreddoliti manifestanti, molti meno concittadini mettono il naso fuori per il tradizionale «struscio» del sabato pomeriggio preoccupati dalla blindatura del centro storico. Nel Piazzale degli Uffizi, però, si rivede un mimo, un «marmoreo» Mosè, fotografato a più non posso dalla piccola e immancabile comitiva di giapponesi appena arrivata da via dei Georgofili, segno, assieme alla ricomparsa di qualche vù cumprà, che la vita a Firenze va avanti anche nel fatidico sabato 9 novembre.

«Chiuso per cervello in allestimento» è la più diffusa traccia lasciata dai no global sulle protezioni dei negozi. Mentre «un artigiano comunista di Trento», sulle travi di legno a difesa di un alimentari del viale Lavagnini, azzarda un «se voglio lo smonto in cinque minuti». Bersagliato come pochi il «miope» ottico di Por Santa Maria invitato a cambiare «punto di vista». Ma da buoni guelfi e ghibellini, i discendenti di Dante stanno ancora a discutere sull’opportunità a meno di quella chiusura, rappresentati e divisi tra Confesercenti e Confcommercio.

Nel giorno del corteo, vita praticamente tranquilla nelle periferie, a parte qualche intasamento dovuto alle centinaia di pullman dei manifestanti dirottati verso gli appositi parcheggi agli ingressi della città. All’imbrunire, tutti hanno vinto, e per una volta tanto è vero: non ci sono stati incidenti, la manifestazione è stata una festa. Bravi i manifestanti, brave le «invisibili» forze dell’ordine…, bravi tutti. «Ma attenzione – avvertono gli organizzatori del Social forum – siamo pronti a ripudiare gli improbabili padri putativi che stanno spuntando da tutte le parti».

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All’indomani delle «cinque giornate», Firenze si riavvia alla normalità. Arriva il giorno delle riaperture, dei ringraziamenti, ma anche del ritorno alle polemiche. «Tanti negozianti, tra coloro che hanno chiuso per il Social forum, hanno ammesso di avere sbagliato», almeno stando a quanto riferito in una conferenza stampa della Confesercenti che, come detto, è l’associazione di categoria contrapposta alla Confcommercio la quale, a sua volta, per bocca del presidente fiorentino Paolo Soderi, non ci sta a farsi mettere sulla graticola. Strette di mano, invece, per il questore Giuseppe De Donno, che fa il giro delle caserme per ringraziare Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia municipale. Gongola il prefetto Achille Serra tra le mura di Palazzo Medici-Riccardi. «La spaccatura tra società civile e forze dell’ordine, addirittura auspicata in certi ambienti, non c’è stata – dice Renato Scalia, segretario provinciale fiorentino del sindacato di polizia Silp per la Cgil – e il “modello Firenze” di servizio di ordine pubblico dovrà essere preso ad esempio da tutti». Ma accanto ai sorrisi e alle pacche sulle spalle, si riaccendono altre polemiche: in particolare quelle del sindaco di Firenze Leonardo Domenici con Forza Italia e quelle del presidente delle Regione Claudio Martini con il quotidiano fiorentino «La Nazione», reo di aver travisato le sue dichiarazioni sulla Quercia e di aver usato «maliziose forzature» sin dal primo momento del Social forum per «terrorizzare i fiorentini e screditare le istituzioni locali». Il direttore Francesco Carrassi replica: «Quelle di Martini sono fantasie, accuse infondate. Abbiamo solo dato voce ai timori dei fiorentini».

Intanto, anche gli ultimi no global, compresi quelli dell’assemblea conclusiva della domenica alla Stazione Leopolda, lasciano la città dandosi appuntamento l’anno prossimo a Parigi. Infatti, più che un documento finale, dal Forum fiorentino esce un appello e un calendario di iniziative a partire dalla manifestazione di Praga del 22 novembre prossimo in occasione del vertice Nato. In caso, però, «di attacco all’Iraq, la mobilitazione – spiegano gli organizzatori – è fissata per il primo sabato successivo». In ogni caso, una «contestazione di massa» è prevista per il 15 febbraio. Ma cosa resta di questi giorni del Social forum? «Dall’incontro – risponde Enrico Pezza, portavoce fiorentino della Rete Lilliput – non doveva uscire nessun documento o sintesi, ma solo un grande patrimonio di contenuti e relazioni che costituiranno per ognuno di noi ricchezza e stimolo per il lavoro di ogni giorno». «Non siamo illusi sognatori – aggiunge Vittorio Agnoletto – abbiamo un programma concreto e chi vuol cambiare questa realtà deve fare i conti con noi». «È venuto il tempo – a giudizio di Luigi Bobba – che questa rivolta etica si trasformi in coscienza politica, in partecipazione responsabile». Due gli obiettivi concreti delle Acli: la difesa della legge sulle armi e la cancellazione del debito dei Paesi poveri entro il 2003.

Forza Italia affida le proprie valutazioni ad un conferenza stampa a livello regionale dei giovani del partito: «Non siamo stati noi a metterci contro Firenze, è stato il sindaco a mettere a rischio la città». L’europarlamentare azzurro Paolo Bartolozzi rincara la dose: «L’iniziativa è servita solo a una certa sinistra, come dimostra la puntuale strumentalizzazione che viene fatta in modo spocchioso e arrogante dal presidente della Regione». Ma gli esponenti di Alleanza nazionale chiedono alla Casa delle libertà un confronto sul Social forum per «riflettere sulla propria strategia ed analizzare gli errori commessi».

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