‘Preoccupati’ da Siria e da indifferenza dell’Occidente

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Ad AsiaNews il card. Sako racconta l’attesa per la festa fra i cristiani iracheni, che guardano con timore quanto sta avvenendo oltre-confine. Il pericolo di un nuovo Isis, restare “prudenti” e valutare “i fatti” non i discorsi. Stato basato “sulla cittadinanza” e lotta a “ogni settarismo”. L’auspicio di un documento fra il Papa e i leader sciiti di Iran e Iraq sull’esempio della “fratellanza umana”. 

Milano (AsiaNews) – I cristiani iracheni si preparano ad un Natale di “attesa e preoccupazione” per la situazione regionale, dalla Siria al Libano passando per la Terra Santa in un crescendo di sangue e violenze che stanno incendiando ampie zone del Medio oriente. Il patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, sta vivendo una vigilia caratterizzata da sensazioni alterne: da un lato i timori per quanto avviene oltre-confine, da Damasco ad Aleppo, da Homs ad Hama, dove “niente è sicuro” e sembrano mancare “una chiarezza di visione e una strategia lucida” per il futuro; a questo si aggiunge lo “scandalo” provocato dalla “indifferenza religiosa e umana” di un Occidente che sbandiera i “diritti” ma è “assente”. Al tempo stesso, racconta ad AsiaNews, è forte il desiderio di trascorrere “una giornata di gioia e normalità” godendo delle decorazioni in molte grandi città, dalla capitale Baghdad a Erbil, nel Kurdistan iracheno. Vie e piazze, aggiunge, sono state “decorate [anche] col contributo dei musulmani”, così come le case e le chiese “per un Natale di preghiera, speranza, pace e stabilità”.

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Uno dei fattori di maggiore criticità dell’ultimo periodo proviene dalla vicina Siria, che “per tutti è stata una sorpresa” racconta il porporato, per il crollo repentino del regime e i dubbi riguardo al futuro e alle rassicurazioni fornite dai vertici di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts). “Le aspettative – prosegue – sono di vero cambiamento dopo anni di povertà, di settarismo, di tensione”. In questi giorni il card. Sako ha potuto parlare con il patriarca siro-ortodosso, col patriarca greco-cattolico e con lo stesso vescovo caldeo mons. Antoine Audo. “L’approccio prevalente è quello dell’attesa – afferma il primate caldeo – perché non vi è sicurezza in un’evoluzione seria e positiva: tutti aspettano le azioni e non le parole”.

Intanto vi è una sensazione diffusa di “timore” anche all’interno del Paese perché, spiega il patriarca caldeo, “la percezione è che anche l’Iraq sia un obiettivo. Io ho parlato con i responsabili di governo – aggiunge – e la volontà è di avviare un’iniziativa comune per trovare una soluzione interna ed eliminare il pericolo”. “Sono stati compiuti tanti passi [in questi anni] – afferma – ma il primo resta la sovranità dello Stato iracheno. A questo si deve aggiungere la lotta alla corruzione e il contrasto alle armi, che sono ancora diffuse. Serve collaborazione fra il capo dello Stato, il primo ministro e le forze di governo, non si possono lasciare le milizie da sole”. Il pensiero va poi a quanto successo 10 anni fa, fra l’estate e l’inverno del 2014, con l’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis) che in poco tempo è giunto a conquistare fino a metà dei territori di Siria e Iraq. “Il pericolo – avverte – è che la storia si ripeta perché il background, lo ‘sfondo’ dal quale provengono questi gruppi è molto simile anche se l’evoluzione e i discorsi [finora] sono molto diversi, e questo ci dà speranza. Ma, ripeto, bisogna essere prudenti e aspettare i fatti”. 

Cristiani e cittadinanza

Nel messaggio di Natale il patriarca caldeo ha ricordato la situazione “eccezionale” che stanno attraversando le nazioni della regione, con i loro cittadini che sperimentano un misto di “ansia e paura”. Ed è in questo clima che “si preparano a celebrare la nascita di Cristo, dei valori della fraternità, dell’amore, della pace, della sicurezza”. La Chiesa caldea, prosegue, esprime “la propria solidarietà a tutti coloro che vivono in circostanze difficili e ai bisogni umanitari a Gaza, in Libano, in Siria”. E rivolgendosi ai leader mondiali chiede loro di “mostrare responsabilità e coraggio nel trovare soluzioni pacifiche” per poter mettere fine ai conflitti nella regione. 

Per quanto riguarda l’Iraq, la richiesta è di “mantenere un’identità nazionale” e di “costruire uno Stato fondato sulla cittadinanza” secondo “basi moderne” che sappiano garantire “l’uguaglianza di tutti gli iracheni, limitare le armi, combattere la corruzione e rifiutare settarismo e vendetta”. Parole che richiamano il monito lanciato dal leader sciita, il grande ayatollah Ali al-Sistani, per poi proseguire ricordando che i cristiani sono “fra i fondatori” dell’Iraq e fedeli alla nazione. Un legame che non è bastato a risparmiare loro loro due decenni di sofferenza a causa “dei conflitti, dell’aumento dei discorsi di odio” che imputa principalmente ad al-Qaeda e Isis, oltre al sequestro di proprietà ed emarginazione, che hanno provocato una massiccia migrazione. 

Contro ogni settarismo

“La cittadinanza uguale per tutti, la fine del settarismo e del sogno di uno Stato islamico sono la soluzione” spiega il porporato, secondo cui “l’islam è una religione legata all’individuo e non deve prevalere a livello di ordinamento statale. E lo stesso – aggiunge – vale per il cristianesimo e l’ebraismo” secondo il principio per cui “non si mescolano fede e politica” pur salvaguardando “i valori delle religioni”. Il porporato attacca la logica “settaria e tribale” che porta a ragionare in termini di appartenenza: cristiani, musulmani sciiti, sunniti, curdi sono “diversità da rispettare” perché non costituiscono “una perdita dell’unità anzi, la rafforzano”. Da qui l’auspicio per una Costituzione “civile e non settaria: oggi – avverte – non si può parlare di uno Stato religioso come nel Medio evo” e gli stessi “Stati teocratici non hanno futuro”.

La logica di parte è presente anche fra i cristiani e, pure in questo caso, va contrastata così come il progetto “nazionalista” che non può essere paradigma della Chiesa, ma “compito dei laici. La Chiesa deve essere aperta a tutti e visibile a tutti, come avviene per le celebrazioni del Natale che saranno trasmesse dalla tv nazionale – sottolinea – e saranno seguite anche dai musulmani”. Vi è infine un richiamo al documento sulla “fratellanza umana” sottoscritto ad Abu Dhabi da papa Francesco e dall’imam di al-Azhar, che ha segnato una svolta col mondo sunnita. L’auspicio, avverte, è che si possa raggiungere una intesa analoga anche con l’universo sciita coinvolgendo “le autorità supreme di Iraq e Iran”. “Il messaggio ai cristiani nel mondo, e all’Occidente – conclude il primate caldeo – è che bisogna tornare ai valori umani e spirituali. L’ordine internazionale, per come lo abbiamo conosciuto, è finito. Ogni nazione persegue i propri interessi, senza pensare agli altri. Al contrario bisogna ritornare alle basi, al rispetto della vita, i diritti umani e la solidarietà fra nazioni, mettendo da parte egoismo e indifferenza, a partire da quella religiosa, che è fonte di scandalo”. 

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