Ormai manca meno di un mese all’insediamento ufficiale di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti e già la sua Presidenza promette scosse che nel prossimo futuro andranno a minare i fragili equilibri politico-commerciali con l’Unione europea.
Il vulcanico Donald in uno dei suoi ultimi discorsi prima di entrare ufficialmente in carica come presidente degli Stati Uniti è tornato a parlare di una probabile guerra commerciale nei prossimi mesi se da Bruxelles non ci sarà apertura nell’acquistare maggiori quote di petrolio e gas made in USA.
“Ho detto all’Unione Europea che devono colmare il loro enorme deficit con gli Stati Uniti con l’acquisto su larga scala del nostro petrolio e gas altrimenti applicheremo dazi alle loro merci trasversalmente”, così venerdì il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha lanciato una nuova minaccia di guerra commerciale all’Unione Europea, esortandola ad acquistare più petrolio e gas americano o ad affrontare una raffica di dazi.
D’altronde non dovrebbero far scalpore le dichiarazioni di the Donald visto che già durante la campagna elettorale per le elezioni statunitensi del 2024, largamente vinte sfruttando il malessere statunitense nei confronti della politica di Joe Biden maggiormente conciliante nelle relazioni bilaterali con l’UE, ha più volte “promesso” di imporre tariffe dal 10% al 20% su tutte le importazioni delle merci UE; minacciando altresì di imporre una tassa del 60% su tutte le merci provenienti dalla Cina in un delirio di protezionismo duro e puro.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio
È proprio il caso di dirlo per Trump che durante la sua prima esperienza presidenziale ha imposto dazi pari al 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% sull’alluminio, scatenando una guerra commerciale con l’UE, che rispose mettendo dazi sui beni americani per un valore di circa 6 miliardi di dollari.
Una nuova guerra commerciale tra i due alleati storici, in una stagione dove nell’arena economica internazionale ci sono da affrontare le minacce di Cina, Russia e India, comporterebbe un pericolo mortale di perdere quote di mercato e di indebolirsi a vicenda in favore dei competitor.
“Milioni di posti di lavoro e miliardi di scambi e investimenti su entrambe le sponde dell’Atlantico dipendono dal dinamismo e dalla stabilità delle nostre relazioni economiche”, così la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha risposto alle “minacce” di Trades da parte di Donald Trump nel suo messaggio di congratulazioni per la vittoria alle elezioni presidenziali di novembre, in un apparente appello a non riaprire una guerra commerciale, che dal 2016 al 2018 ha fatto rallentare l’economia delle due zone economiche.
Perché una nuova guerra commerciale non conviene a nessuno
Sebbene nel gioco moderno della dialettica politica le schermaglie e i toni accesi sono all’ordine del giorno, una guerra commerciale non conviene a nessuno. Non conviene innanzitutto all’UE che solo nell’anno 2023 ha esportato merci negli Stati Uniti per un valore di 576,3 miliardi di dollari, quasi il 20% delle sue esportazioni totali, dimostrando come gli States rappresentano uno dei partner commerciali privilegiati per l’Unione.
Ma altresì una guerra commerciale non converrebbe nemmeno agli Stati Uniti, seppur il suo presidente eletto minacci con la stessa nonchalance dei campioni di poker, poiché un aumento da parte dell’Unione dell’acquisto di gas e petrolio statunitense permetterebbe alla presidenza Trump di avere risorse finanziarie a bilancio per condurre la sua politica economica interna di riduzione della pressione fiscale e di controllo dell’inflazione.
Aperture in tal senso sono arrivate dalla Von der Leyen stessa che durante il vertice europeo di Budapest dello scorso novembre, dove la Presidente rispondendo ai giornalisti sulla neo-elezione di Trump affermò che era al vaglio dell’Unione e dei suoi Stati membri la possibilità di aumentare le quote di acquisto di gas naturale liquefatto americano.
“Perché non sostituire il gas russo con il GNL americano, che è più economico per noi e abbassa i nostri prezzi dell’energia? È qualcosa su cui possiamo ragionare, anche per quanto riguarda il nostro deficit commerciale”, ha detto von der Leyen aprendo alla possibilità di un impegno maggiore all’acquisto del gas alleato.
Sulla stessa lunghezza d’onda della Presidente della Commissione il portavoce della Commissione europea Olof Gill ha dichiarato: “L’UE e gli Stati Uniti hanno economie profondamente integrate, con scambi e investimenti complessivamente equilibrati. Siamo pronti a discutere con il presidente eletto Trump su come rafforzare ulteriormente una relazione già forte, anche discutendo i nostri interessi comuni nel settore energetico”, lasciando intendere che una maggiore cooperazione non è solo possibile ma sarà al centro dei prossimi accordi economici USA-UE.
Sebbene quindi un deal tra le due potenze renderebbe felici e contente le parti in causa le personalità vulcaniche dei leader alla guida degli esecutivi di Stati Uniti e Unione europea potrebbero giocare un ruolo centrale su fratture e incrinature nei rapporti diplomatici provocando una nuova stagione di tensioni commerciali che non finirebbero per aiutare nessuno.
Pertanto, l’auspicio è che, in un contesto dove ormai primeggiano figure politiche che si contendendo la supremazia dialettica del duro e puro, le relazioni politico commerciali vengano condotte al riparo da queste dialettiche nell’auspicio che, quando si parla di milioni di persone e di miliardi di euro o dollari, anche la prima donna di turno scenda a più miti consigli e modi di fare.
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