Lavoro con invalidità 100%: come funziona

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Si può svolgere un lavoro con invalidità 100%? È una domanda molto frequente anche perché sul verbale viene riportata la frase “invalido civile con totale e permanente inabilità lavorativa”. Abbiamo provato a fare chiarezza. – Scopri le nostre guide complete su invalidità, Legge 104 e pensione anticipata.

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Invalidità 100% e lavoro: si può fare

Molti credono che avere un’invalidità totale (100%) impedisca di lavorare. Questo non è sempre vero. Anche chi ha un’invalidità riconosciuta al 100%, con o senza indennità di accompagnamento, può comunque trovare un’occupazione. In passato, la valutazione dell’invalidità civile comprendeva anche la stima delle capacità lavorative della persona. Oggi, invece, le regole sono diverse: l’invalidità civile serve principalmente per ottenere benefici, mentre l’accesso al lavoro segue altre leggi e procedure.

La legge 68/99 regola il collocamento dei disabili nel mondo del lavoro. Per stabilire se una persona con disabilità può lavorare, bisogna fare una valutazione specifica, separata dal semplice riconoscimento dell’invalidità. In altre parole, non basta la percentuale di invalidità per decidere se una persona è adatta a un lavoro: è necessario capire le sue capacità residue e individuare un posto adatto.

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Com’era prima

In passato, le norme non erano chiare come oggi. Già prima della legge 68/99, però, esistevano indicazioni per favorire il lavoro di persone con invalidità anche totale. Ad esempio, una vecchia circolare del Ministero del Lavoro (Circolare n. 5/88) ricordava che anche chi ha un’altissima percentuale di invalidità, perfino del 100%, poteva, in casi particolari, svolgere attività lavorative adatte alle sue condizioni. Questa circolare spiegava anche che le tabelle usate per calcolare la percentuale di invalidità servivano più che altro a riconoscere diritti economici (come pensioni o assegni) e non a dire se la persona poteva o meno lavorare.

Inoltre, la Circolare n. 5/88 sottolineava che, se un invalido al 100% chiedeva di essere inserito nelle liste per il collocamento obbligatorio, gli uffici del lavoro dovevano verificare le sue reali capacità lavorative tramite la commissione medica competente. Solo dopo questa verifica la persona poteva essere iscritta nelle liste. La legge n. 508/88 confermò che ricevere l’indennità di accompagnamento non significa dover restare per forza senza lavoro.

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Com’è oggi

Oggi il punto di riferimento è la legge 68/99, che promuove il collocamento mirato. Questo sistema serve a far incontrare le capacità della persona disabile con i bisogni delle aziende. L’obiettivo è trovare il tipo di lavoro e l’ambiente di lavoro più adatto, usando strumenti tecnici, sostegni, analisi dei posti di lavoro e soluzioni personalizzate.

Il D.P.C.M. 13 gennaio 2000 stabilisce come le commissioni delle Aziende U.S.L. devono valutare la disabilità per l’inserimento lavorativo. Queste commissioni considerano la situazione globale della persona, la sua autonomia, le sue potenzialità e i possibili adattamenti del posto di lavoro.

Con l’entrata in vigore della legge 68/99, le commissioni per l’invalidità non si occupano più di decidere se la persona è “collocabile” o no. Ora, quella valutazione spetta alla commissione integrata di cui parla l’articolo 4 della legge 104/92, che lavora con esperti sociali e tecnici per capire se la persona, pur con invalidità totale, ha capacità lavorative utilizzabili.

Conclusione

In conclusione, anche chi ha invalidità totale (100%) può iscriversi nelle liste speciali per il lavoro, purché la commissione integrata accerti che ci sono reali capacità lavorative residue. Non sempre l’esito sarà positivo, ma ogni situazione deve essere valutata caso per caso.

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Avere bisogno dell’indennità di accompagnamento o non poter compiere da soli gli atti quotidiani della vita non significa, automaticamente, che non si possa lavorare. Con le giuste valutazioni, l’uso di strumenti adeguati e un adeguato supporto, è possibile trovare soluzioni lavorative adatte anche a chi ha gravi limitazioni.

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Nell’immagine un lavoratore con disabilità all’interno di una azienda.

FAQ (domande e risposte sull’invalidità civile)

Ecco cinque domande brevi e altrettante risposte articolate sull’invalidità civile:

Cos’è l’invalidità civile?

L’invalidità civile è il riconoscimento di una difficoltà a svolgere funzioni quotidiane o di relazione, a causa di una menomazione fisica, psichica o sensoriale. La Legge 118/1971 definisce i criteri, considerando la riduzione della capacità lavorativa (almeno un terzo per gli adulti, o difficoltà persistenti nelle attività proprie dell’età per i minori). La valutazione tiene conto della percentuale di invalidità (lieve, media, grave o gravissima) e delle sue conseguenze sulla vita della persona. Dal 2025, si prevede una riforma che integrerà l’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) per una valutazione più funzionale e multidimensionale.

Come si richiede l’invalidità civile?

La richiesta si articola in due fasi: sanitaria e amministrativa. La fase sanitaria determina il grado di invalidità tramite visita medica, che può essere di persona o a distanza. La fase amministrativa verifica i requisiti per l’accesso ai benefici (reddito, età…). La domanda si presenta all’INPS online tramite SPID, CNS o CIE, con la possibilità di scegliere la data della visita. In caso di non trasportabilità, è possibile richiedere una visita a domicilio.

Quali benefici offre l’invalidità civile?

I benefici dipendono dalla percentuale di invalidità riconosciuta. Si va dalla fornitura gratuita di protesi e ausili (dal 34%) all’assegno mensile (dal 74%) e all’indennità di accompagnamento (100%). Ci sono anche agevolazioni fiscali (esenzione ticket sanitario dal 67%), accesso al collocamento mirato (dal 46%) e priorità per le case popolari (dal 67%). Le prestazioni sono dettagliate nel documento, con specifici requisiti di reddito e incompatibilità.

Cosa succede in caso di visita di revisione?

La visita di revisione è prevista se la Commissione ritiene che le condizioni di salute possano cambiare nel tempo. L’INPS comunica la data tramite raccomandata. La mancata presentazione comporta la sospensione o la revoca delle prestazioni. È possibile richiedere un anticipo della revisione in caso di aggravamento. Il verbale con data di revisione non scade, ma potrebbero esserci problemi con l’esenzione ticket.

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Come si contesta un verbale di invalidità?

Il ricorso amministrativo è limitato al rifiuto di erogazione per mancanza di requisiti amministrativi. Il ricorso giudiziale presso il Tribunale Civile è la via principale per contestare la percentuale di invalidità. È possibile richiedere all’INPS l’annullamento del verbale in autotutela, ma ciò non sospende i termini per il ricorso giudiziario. Il ricorso giudiziale prevede la nomina di un CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) che esaminerà il caso. L’avvocato solitamente richiede gli arretrati a partire dalla data della domanda amministrativa.

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